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“L’Italia ha il sacrosanto diritto di risorgere e nessuno dovrà essere lasciato solo”. Lettera aperta di Daniele Montenurro a Giuseppe Conte

Signor  Presidente, corre l’obbligo, nello stato di “detenzione” domiciliare, non volontaria, ma di natura prettamente amministrativa e dettata dallo stato emergenziale, cui tutta l’Italia è piombata,  manifestare tutta la sofferenza dei  miei conterranei e dei Suoi conterranei.
Nella storia d’Italia, non è mai accaduto quanto si è prospettato e si sta prospettando al popolo, senza mezzi, senza patrimonio e senza capacità produttiva.
Privati dei contatti fisici, degli spostamenti, dello Sport, del lavoro, delle relazioni e delle più elementari esigenze di vita.
Signor Presidente comprendiamo l’efficacia estensiva e limitativa della restrizione, ma l’umiliazione,  non di certo.
L’ umiliazione di un intero popolo, non si accetta. È una condanna senza appello e Lei essendo avvocato, lo comprende meglio di qualsiasi altro.
L’ imperio, se da un lato scandisce  l’ordinamento giuridico, ritenuto complesso, strutturato e capace di tenere le norme unite, collegate e di portata generale, dall’altro,  rappresenta la morte naturale della vita sociale e di quella libertà infinita ed incondizionata di determinare il proprio futuro, in termini sociali, religiosi, politici, produttivi, insomma ogni azione riconducibile alla vita della comunità.
La Comunità, è stata ferita, inghiottita da un male astratto, invisibile e silenzioso, capace di generare paura, panico e sofferenza.  Una sofferenza cristiana, atea, politeista, profonda, lacerante e giammai sbandierata, ma sempre custodita nel profondo dell’animo e nel silenzio notturno.
La notte che non accompagna più la filastrocca per i più piccoli, perché anche loro, percepiscono che qualcosa è cambiato per sempre e, lo dimostrano le lacrime in silenzio riversate dai tanti nonni che stanno vivendo questa tragedia.
L’Italia langue dal costato, lacrime di sangue versate per una causa che il tempo, le procure competenti e le inchieste, ci diranno del perché di tanti ritardi,  omissioni ed informazioni tardive.
La restrizione, mi consenta,  non dovrebbe essere  considerata arma” bianca ” per reprimere i desideri, le volontà, le azioni, proprio di quel popolo considerato sovrano.
La sovranità, caro presidente appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Anche Lei presidente dovrebbe sentirsi trattenuto e limitato dalla stessa Costituzione che governa le fonti del diritto.
Signor Presidente, i decreti che l’ufficio di Presidenza ha ritenuto in urgenza di deliberare, appaiono allo stato, privi di quella efficacia produttiva e normativa giuridica, cui necessita l’intervento sanante del Parlamento.
La libertà di un popolo, non si reprime, non si violenta e non si calpesta con nessuno strumento amministrativo, seppur di evidenza di natura emergenziale e a carattere d’urgenza.
Il tempo corre veloce, ma al tempo stesso, lentissimo, per coloro che giacciono inerti ed inermi, senza vedere il proprio futuro scorrere repentinamente, di giorno in giorno, per edificare il proprio progetto di vita  quotidiana.
E sì, progetti che arricchiscono le menti, quelli economici, finanziari e rivoluzionari, di un sistema ormai superato, dagli accadimenti storici. La forza del Paese, non è nell’ Esercito, nelle Forze armate, nella difesa del territorio, ma è nella coesione dei popoli, degli stati amici e dei Paesi dell’Europa.  Una Europa, ancora distante, assente e noncurante dei valori di riconoscenza e di solidarietà dei trattati ratificati e sottoscritti. Una firma che grida vendetta, una firma mondiale e nazionale che vincola, che richiama, che assiste. Una firma, però,  cui il popolo sovrano, non ha mai  posto ai suoi DPCM.
Mi permetta di aggiungere  a corollario delle premesse che, lo stato di assedio in cui versa il Paese,  non certo garantisce l’immunità del popolo italiano,  in quanto il Virus é presente nel nostro respiro, nella nostra vita relazionale, quand’anche limitata ai familiari conviventi.
L’ economia è depressa, il Pil cresce e il bilancino dei consumi è fermo. Una fermata epocale, storica che non ha eguali. Un arresto dell’economia nazionale che conduce al ” baratro” emozionale, reale e di evidenza finanziaria.
Lo Stato che Lei si pregia di rappresentare, ha il preciso compito di diffondere concretezza, certezza, speranza e risolutività.
Il popolo, non può attendere oltre, ha bisogno di lungimiranza economica, finanziaria e progettuale.  L ‘Iitalia deve ripartire, perché dopo le ceneri, c’è sempre il risorgimento.  Quel risorgimento economico, capace di attrazione di capitali esteri, di scambi commerciali nazionali e mondiali. La invito ad una attenta riflessione applicativa,  nel considerare possibile, attualizzabile una suddivisione dell’Italia in macroaree,  non di natura sanitaria, ma bensì,  a carattere economico, distinguendole e differenziandole per peculiarità, prodotto autoctono e specialità territoriali.  In questo contesto, così come esplicitato, le regioni sarebbero chiamate a svolgere la loro parte normativa, favorendo accordi commerciali interregionali e convenzioni di natura turistico- alberghiera.
L’ Italia ha il sacrosanto diritto di risorgere e  nessuno dovrà essere lasciato solo, uniti e solidali per per imprimere una sterzata al Made in Italy e perché no, considerare percorribile l’applicazione dei dazi per i nostri prodotti all’estero.
Signor Presidente,  nella certezza che stia operando per l’interesse della nazione e dell’unità dei popolo, porgo a Lei e al Suo governo, gli auspici più sentiti, per una libertà ritrovata che verrà concessa senza indugio agli italiani per ripartire.
Con ossequio.
Daniele Montemurro
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