Le principali feste prima dell’ultimo conflitto mondiale a San Salvo erano dedicate a San Vitale, San Rocco, San Vito e Sant’Antonio da Padova; culminavano con solenni e affollate processioni, grandi concerti bandistici, fuochi d’artificio. Non mancavano le nocciole, i lupini in salamoia, i semi di zucca, le carrube (suscéll), la riffa (la rreff) , il tiro a segno, il gioco delle tre carte, il tiro alla fune, la corsa degli asini, la porchetta sulla bancarella.
Girava tra la folla festante, una donna con un pappagallo dentro una gabbietta, che estraeva il pianeta della fortuna. Da Casalbordino veniva zà Mariannene ( Mariannina) una donna anziana, alta e robusta; fu lei a far assaporare il primo gelato ai Salvanesi; frantumava a colpi forti di martello, i grossi blocchi di ghiaccio che la ditta “Perrozzi” le portava da Vasto.
Tutt’intorno un nugolo vociante di ragazzi si buttava a terra per raccogliere le scaglie cadute dal tritaghiaccio a manovella. Zà Mariannene lasciava correre, in modo da farsi aiutare a girare la pesante manovella. Il gelato aveva una consistenza troppo acquosa; si scioglieva subito. I gusti erano solo due : crema al latte e crema al cioccolato (cioccolato si fa per dire; qualche cucchiaiata di cacao. C’erano i coni da 5 lire per i bambini, da 10 lire per gli adulti. Zà Mariannene per attirare l’attenzione della gente si metteva a urlare: ” Gelàtti gelàtti, crem’e ciccolàtti!” (Gelati! Gelati! Alla crema e al cioccolato!). I gelati li compravano pochi. I soldi non circolavano.
Michele Molino