Agli inizi del 1900 gli abitanti di San Salvo non vissero con l’oro in bocca, ma neanche in condizioni di povertà assoluta. Quasi tutti avevano l’orticello dei pomodori dietro l’abitazione, il pezzo di terra con ulivi, la vigna e il maialetto (purcàtt) da crescere per poter ricavarne salumi da spalmare nel pieno della stagione invernale.
In un antico documento, si legge: “San Salvo, modesta nei consumi e nello stile di vita, ma certo non misera”. In quegli anni si verificò un’ondata migratoria di braccianti agricoli da Vasto verso San Salvo; spinti dalla buona fertilità delle terre demaniali nelle zone Saletto, Prato e Marinelle più facili da raggiungere con i cavalli e gli asini rispetto ai tragitti impervi dei paesi viciniori, chiesero al Comune di San Salvo la concessione in uso gratuito.
Subito dopo l’approvazione si misero a dissodare, seminare, piantare viti, ulivi ed alberi. In men che non si dica, quei terreni incolti tornarono a garantire una buona resa e non solo. I braccianti dettero vita a nuovi insediamenti abitativi, determinando così la nascita di una borgata contadina nel lato retrostante dell’odierno bar “Casina delle Rose, zona detta la piàne.
Sorse un quartiere moderno: case ad un piano, strade e isolati squadrati. Il sindaco del Comune di San Salvo per rispetto verso i nuovi immigrati, denominò il quartiere “Rione Istonio”. Fino a non molti anni fa il termine charabball (carretto) era ancora usato dagli abitanti del quartabball.
Questi i cognomi di alcune famiglie: Pollutri, Colombaro, Raspa, Ialacci, Mancini, Natale, Del Casale, Del Borrello, Soria, Di Nardo, Ciffolilli, Smargiassi, Miscione.
Michele Molino