La civiltà rurale custode dei grandi valori dell’umanità è in fase di estinzione. I testimoni di quel tempo intriso di sudore e fatica, si calcolano, ormai, sulle dita di una mano. Carmine Argentieri “Carminùcce”, 93enne di San Salvo, fa parte di quello sparuto gruppetto che prima dell’alba carica gli attrezzi sul motocarro a tre ruote e si avvia a lavorare.
Fin da bambino abitò in via Fontana Vecchia; portava a pascolare il gregge, ma dopo il tramonto si recava presso la scuola dove insegnava Cesare Artese. Ad un certo punto scoppiò la guerra mondiale, ma ai primi combattimenti nella vallata del Trigno, la sua famiglia dovette traslocare in una masseria di un amico a Cupello. Carmine dopo la fine della guerra iniziò a lavorare alle dipendenze dei signori terrieri. Si era molto affezionato ad una zappa di oltre tre chili di peso avuto per regalo di nozze dal padre.
Non stava mai fermo: zappava i vigneti, mieteva il grano, spaccava la legna. Adorava il suono dell’organetto, ma non poteva acquistarlo. Dopo tanto il suo desiderio si avverò. In un paio di mesi imparò a suonare. Di fronte a casa sua abitava una meravigliosa ragazza di nome Giuseppina. Se ne invaghì perdutamente, ma non riusciva ad avvicinarla.
Lei non appena sentiva le prime note dell’organetto correva ad ascoltare da dietro la finestra. Quel suono allegro penetrava in ogni fibra del suo corpo. Un giorno Carmine si trovò di fronte Giuseppina e rivelò l’interessamento verso di lei. La ragazza lo ricambiava. Si sposarono nel 1954. La sua sposa fu anche compagna di lavoro e ogni mattina si avviavano per la campagna a bordo di una vecchia Apecar. Giuseppina imparò a zappare, mietere il grano e potare gli ulivi.
Realizzarono una splendida casa, lungo via San Giuseppe. Carmine appena acquisì la licenza elementare, inviò una richiesta di lavoro all’ex S.I.V. (oggi Pilkington), ma non la accolsero. Si rivolse, allora, ad un uomo politico influente nella zona, che non volle saperne. Il suo destino era legato alla terra. Riprese a lavorare con maggiore convinzione. Fino ad oggi continua a coltivare la terra con passione ed entusiasmo. Ed ha concluso così:” Sono nato con la terra, le ho creduto, mi ha ripagato, dandomi una buona vita e continuo a rispettarla”.
Michele Molino