Sono milioni nel nostro paese le persone che oggi convivono con una patologia cronica o con limitazione funzionale. Pazienti doppiamente “fragili” per età e per patologie pregresse che, in questa fase emergenziale dovranno stare ancora più attenti di altri. Noi viviamo in un territorio, quello del vastese dove da molti anni assistiamo ad un continuo spopolamento delle aree interne, abitate per lo più da pazienti anziani, mentre crescono le aree costiere. E oggi sulle fragilità, sulle limitazioni funzionali e sui soggetti con pluripatologie bisogna intervenire partendo dagli aiuti alle famiglie che svolgono un ruolo centrale nelle cure alle persone fragili.
isogna intervenire subito e arrestare le trasformazioni di disgregazione in atto, dovute in parte all’emergenza Covid che rischia di mutare profondamente il sistema che fino ad oggi ha retto tra mille difficoltà.
Le trasformazioni che sono in atto nelle famiglie in questa fase emergenziale da Covid sta facendo crescere la domanda di assistenza delle persone fragili e questo deve far riflettere sulla necessità di trovare le risorse e le risposte necessarie per aiutare le famiglie a superare questa fase emergenziale.
Soprattutto bisogna affrontare il problema dell’esiguo numero di posti letto in strutture socio sanitarie convenzionate, delle liste d’attesa e di come sostenere le famiglie nelle spese per l’acquisto di prestazioni dei servizi sanitari e socioassistenziali, in una fase, questa, in cui il lavoro è diventato precario per tutti e dove ci si rende conto che le pensioni sono troppo basse per coprire le spese. Tutto ciò, sommato alla situazione di incertezza sanitaria pubblica per via dell’emergenza, sta mettendo a dura prova i bilanci delle
famiglie.
Su un punto spero che tutti concordino e cioè che bisogna lasciarsi alle spalle la stagione dei tagli, oggi c’è bisogno di investimenti nella sanità pubblica e nei servizi socio sanitari, nella rete delle prestazioni assistenziali territoriali per la non autosufficienza, nella continuità del sistema della residenzialità e della domiciliarità, nelle cure intermedie, nelle strutture di comunità, Hospice e nelle strutture socio sanitarie pubbliche e convenzionate. Soprattutto va ripensato un nuovo modello di residenzialità per le persone
fragili.
Lo scoppio di questa seconda fase emergenziale da Covid 19 sta creando problemi a tutta la sanità del nostro paese e le maggiori difficoltà sono soprattutto per i malati fragili, quelli cronici, oncologici o affetti da altre malattie. Questo sta accadendo a macchie di leopardo soprattutto in quelle aree in cui negli anni si sono tagliati i servizi, le guardie mediche, chiusi ospedali nelle aree interne e dove si sono tagliati posti letto negli ospedali e nelle strutture socio sanitarie, che sommato al blocco del turnover ha di fatto smantellato il nostro sistema sanitario. Oggi tutti questi errori emergono con prepotenza e con essi emerge la debolezza di un sistema che presenta in molte zone difficoltà a garantire ai pazienti fragili, oncologici, etc. quello che riusciva a garantire, anche tra mille difficoltà, fino a poco tempo fa. Questo perché oggi gli ospedali sono in gran parte intasati da pazienti covid. Ma così questi malati fragili rischiano di ritrovarsi esposti a problemi più seri, proprio perché soggetti fragili.
Allora diventa fondamentale il ruolo delle famiglie, ma da solo questo non basta bisogna attivare un piano che permetta l’assistenza al proprio domicilio. Per esempio attivare, per i malati oncologici tutti i percorsi che consentano la somministrazione delle cure oncologiche a domicilio. Un altro esempio la possibilità in questa fase che i presidi per i malati cronici, che normalmente prevedono una distribuzione in ospedale, possano essere recapitati direttamente a casa o nelle farmacie territoriali. E se alcune regioni nel nostro
paese si sono già attivate, altre devono farlo con urgenza.
Altro capitolo problematico è anche quello delle strutture socio sanitarie, residenze sanitarie e assistenziali, che ospitano pazienti fragili spesso con pluripatologie e con limitazioni funzionali. Ecco, bisogna anche qui intervenire con un piano che riduca gli affollamenti, causa di contagi. Certo non possiamo pensare che le strutture che non sono preparate si possano organizzare in pochi giorni e vengano attrezzate per diventarlo in breve. Ma nel frattempo si potrebbe ipotizzare di ridurre la presenza degli ospiti in quelle strutture che non hanno spazi a sufficienza in modo da favorire il distanziamento sociale. Si potrebbe chiedere l’aiuto di quelle strutture socio sanitarie presenti sul territorio che al contrario hanno spazi a sufficienza e soprattutto devono avere personale e medici H24 in misura sufficiente ad affrontare la fase emergenziale.
Anche qui bisognerebbe prevedere l’aumento delle dotazioni organiche in tutte le strutture socio sanitarie e prevedere la presenza medica H24.
Sono consapevole che affrontare un’emergenza costituisce una sfida a tutti i livelli, non solo sanitario. Ma se le restrizioni in atto sono volte a tutelare il diritto alla salute dei cittadini, bisogna anche assicurarsi che in questa fase emergenziale venga garantito a tutti i cittadini fragili, anziani, il diritto alla salute. Ecco che il 13 novembre anche in Abruzzo si svolgerà una mobilitazione di CGIL FP CISL FP e UIL FPL a sostegno di tutti i lavoratori della sanità per chiedere sicurezza, assunzioni, rinnovo dei contratti e investimenti nel
sistema sanitario per dare cure e servizi ai cittadini.
Daniele Leone infermiere e coordinatore Regionale CGIL FP sanità privata Abruzzo Molise