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Piano di difesa della costa della Regione Abruzzo, il WWF: “Uno strumento inadeguato che va profondamente rivisto”

Grazie al lavoro di un nutrito gruppo di esperti, il WWF Abruzzo nei giorni scorsi ha redatto e presentato le proprie osservazioni al “Piano di difesa della costa dall’erosione, dagli effetti dei cambiamenti climatici e dagli inquinamenti” della Regione Abruzzo.
Siamo di fronte a uno strumento che nasce vecchio e che punta ancora una volta sulla infrastrutturazione dell’ecosistema costiero. È necessaria invece una profonda revisione, prospettando interventi innovativi e davvero risolutivi delle problematiche. Il Piano attuale propone per la difesa della costa dall’erosione gli stessi interventi impattanti già effettuati in passato e che si sono dimostrati ampiamente inadeguati: azioni che non hanno funzionato negli ultimi trent’anni non possono essere riproposte in una nuova pianificazione territoriale.
La difesa della costa dall’erosione, dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento non può prescindere dal ricorso a tecniche di ingegneria naturalistica, assolutamente trascurate nel Piano, così come non si può non prevedere la tutela degli elementi naturali che invece vengono dimenticati anche dal Rapporto Ambientale.
Le azioni di conservazione/valorizzazione, articolate in sette tipologie, devono essere riviste anche alla luce di un miglioramento della qualità degli habitat e delle specie e dei conseguenti servizi ecosistemici, ovvero la contabilizzazione di quanto si guadagna mantenendo inalterati e ripristinando gli ambienti naturali costieri e marini (eventualità che invece non è neppure presa in considerazione). È assurdo tentare di far passare opere infrastrutturali pesanti quali interventi di conservazione e valorizzazione ambientale. Non è possibile che un Piano della costa non preveda opere leggere e di recupero/ripristino degli habitat, più efficaci, più semplici nella realizzazione e molto meno costose (per cui più sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico) piuttosto che opere infrastrutturali impattanti e inefficaci. Tali carenze sono causate anche dalla mancanza nello staff di lavoro di professionisti con competenze specifiche per progettare e lavorare in contesti ambientali fragili, quali gli architetti paesaggisti, gli ingegneri naturalistici, i biologi, i geologi…
Si è persa inoltre l’occasione per dare vita ad uno studio di marketing territoriale, in modo da far coincidere la valorizzazione del contesto costiero con l’economia tipica di ogni luogo: si è preferito adottare gli stessi metodi per città grandi e popolose come Pescara e per i piccoli centri costieri che si trovano lungo la costa dei Trabocchi che evidentemente hanno necessità di uno sviluppo economico-sostenibile differente. Se il Piano dovesse rimanere questo saremo di fronte alla riproposizione degli errori del passato, nonché al perpetuarsi di quel fenomeno di pesante infrastrutturazione costiera tristemente noto con il neologismo di francavillizzazione che qualche anno fa portò l’Abruzzo al (dis)onore delle cronache nazionali.
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