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La commovente storia di Vitale Melodini, il ragazzo che sussurrava ai cavalli 

Questa è la toccante  storia di Vitale Melodini, 84enne pensionato  salvanese. Da bambino rimase orfano di  entrambi i genitori. Non aveva più nessuno che lo proteggesse. Valerio Torricella e i figli Vitale e Guido, che si occupavano del trasporto merci con cavalli, lo accolsero nella loro casa, instaurando un rapporto di profonda attenzione e rispetto. Vitale si fece grandicello. Si rendeva utile non solo pulendo le stalle, ma anche nel pascolo del  gregge.

Un giorno, mentre era proprio con il gregge, fu travolto da un camion guidato da un soldato inglese, che non si era minimamente accorto dell’incidente che aveva provocato. Il ragazzo riportò le gambe  fratturate  e  una vistosa ferita alla testa. Strisciando con la pancia, raggiunse una masseria disabitata non molto lontana; mangiò le erbe selvatiche del campo (cascègn, cicurèll, panarèzz).

Sopravvisse  15 giorni  senza bere acqua. A rintracciarlo fu lo zio Costantino; chiese aiuto ai soldati inglesi, che lo trasportarono con un furgone  militare all’ospedale di Vasto, da dove  uscì sei mesi dopo. Tornato a casa, sognò  la mamma Antonietta, che gli diceva:” Il carretto pieno di canne si rovescerà e tu finirai lì sotto, la Beata Vergine ti aiuterà!”. Dopo solo una settimana, mentre Vitale trasportava le canne raccolte in fastelli, il cavallo precipitò in un burrone con il carretto. Stava  per  soffocare; ebbe la visione della madre, che lo rincuorò. Ne uscì, senza nemmeno un graffio.

Subito dopo, l’azienda ‘Torricella’ acquistò uno stallone  di razza araba, agile, snello, veloce e intelligentissimo; sferrava calci poderosi  e non si lasciava avvicinare. Al punto tale da chiamarlo Lucifero. Vitale con calma e fermezza, riuscì a domarlo. Tra lui e il cavallo  nacque  un’intesa particolare. I carrettieri, dopo alcuni anni,  lo rivendettero  per un’ingente somma ad una scuderia milanese, che provocò a Vitale un dolore incommensurabile. Si sposò ed ebbe dalla moglie due bambine.

Dopo un po’ di tempo,Vitale, trovò  un lavoro a Bologna; tornava a casa la sera di sabato e ripartiva la domenica notte. Arrivò (finalmente) la primavera, a causa di problemi familiari fu  costretto a partire per Milano. Prima di prendere il treno per rientrare a San Salvo, costeggiò la  recinzione di un ippodromo.

Scorse un cavallo dal manto bianco a macchie grigie. Il cuore cominciò a battere all’impazzata. Chiamò: Lucifero!?  Il cavallo drizzò le orecchie e nitrendo corse a galoppo verso Vitale, che lo strinse al collo. Purtroppo il fischio del treno lo richiamò, ma non riusciva a distaccarsi dal suo amato cavallo. Dopo un bel po’ di tempo, baciò il cavallo sulla fronte e partì con le guance inondate di lacrime. Il nitrito di Lucifero risuonò nella notte, come un pianto disperato di chi lascia per sempre un grande amico.

Michele Molino

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