Padre Eugenio Di Giamberardino, che nel mese di novembre 2020 ha lasciato il suo incarico di parroco della Chiesa di S. Maria Incoronata per raggiunti limiti di età, continua il suo impegno di scrittore, al fine di stimolare nei fedeli l’approfondimento dei valori autentici del cristianesimo. Di recente ha preparato un interessante libretto, dal titolo “Frammenti di verità – Semi di fede, speranza e carità”, un vademecum per ricordare innanzitutto che tutto è dono, in quanto “Dio plasmò Adamo, non perché avesse bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno su cui effondere i suoi benedici; anche Gesù ci chiede di seguirlo non perché ha bisogno del nostro servizio, ma per comunicare a noi la salvezza”.
Dopo questa premessa la riflessione di Padre Eugenio si sofferma sulla fede (“dono totalmente gratuito, che Dio, insieme alla possibilità di salvarsi, offre a chiunque cerca la verità con umiltà e senza pregiudizi”), sulla speranza cristiana (“essa non è un’attesa passiva, ma un sentirsi in cammino, tendere verso qualcosa, anzi verso Qualcuno, usando i talenti ricevuti da Lui”) e sulla carità (“virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per sé stesso e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio”, virtù “che è frutto dello Spirito e pienezza della legge e che porta come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità; si dimostra disinteressata e benefica; è amicizia e comunione; è il compimento e la perfezione di tutte le nostre opere”).
Padre Eugenio passa, quindi, a presentare Dio nel quale il cristiano crede: “Un Dio che si fa conoscere, pur rimanendo mistero; non mi seduce con i miracoli; non mi spaventa con la sua onnipotenza; non chiede di rinunciare alla mia libertà; non esercita la giustizia alla maniera degli uomini; non approva se lo metto da parte, ma non me lo impedisce”. E ancora: “Un Dio sconfitto, crocifisso e poi risorto che non ho inventato io e non sempre dice e fa quello che voglio io; si fa piccolo, debole indifeso perché io possa incontrarlo; si fa uomo, amico, fratello della mia umanità; preferisce rimanere invisibile, perché possa scoprirlo ogni giorno”.
Tanti altri temi approfondisce Padre Eugenio nel suo scritto, come Gesù Cristo, l’uomo più grande della storia; il modo autentico per cercare Dio; la libertà che ha bisogno dell’uso della ragione; la bellezza del perdono cristiano; la Chiesa, maestra di preghiera; il valore dell’amicizia; il tesoro della corona del Rosario; il futuro della famiglia.
Ma ciò che scuote di più l’animo del lettore è quando viene affrontato l’argomento della testimonianza, con questa stimolante frase: “Più fatti, meno parole…”. Padre Eugenio riporta in proposito (con una certa sana ironia) il pensiero di chi si trova in difficoltà esistenziale e non viene per nulla aiutato: “Avevo fame e voi avete fondato un club a scopo umanitario e avete discusso sulla mia fame. Ve ne ringrazio. Ero in prigione e voi siete entrati furtivamente in chiesa a pregare per la mia liberazione. Ve ne ringrazio. Ero nudo e voi avete esaminato seriamente le conseguenze morali della mia nudità. Ve ne ringrazio. Ero ammalato e voi vi siete messi in ginocchio a ringraziare il Signore per avervi dato la salute. Ve ne ringrazio. Ero senza tetto e voi avete predicato sulla bellezza della povertà come espressione dell’amore di Dio. Ve ne ringrazio. Sembravate tanto religiosi e tanto vicini a Dio… Ma io ho ancora fame, sono ancora solo, nudo, ammalato, prigioniero e senza tetto”.
LUIGI MEDEA