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Trabocchi-ristoranti, decise le dimensioni

Il Trabocco-ristorante non potrà avere una superficie complessiva calpestabile superiore ai 130 metri quadri, compresi la cucina e i servizi. Sono queste le dimensioni previste nel regolamento approdato l’altro giorno in Commissione assetto ed utilizzo del territorio. L’organismo consiliare, presieduto da Marco Marra (Pd),  ha cominciato ad esaminare la bozza proposta dalla maggioranza di centrosinistra, documento che inizialmente era circolato senza l’indicazione delle metrature.

“Abbiamo iniziato la discussione”, spiega Marra, “il metodo che ci siamo dati è quello di analizzare ogni singolo articolo, compreso quello relativo ai criteri dimensionali e ai limiti consentiti. Come maggioranza abbiamo proposto una superficie di 130 metri quadri, comprensiva della parte di struttura destinata ai servizi accessori, che non può eccedere la superficie massima di 50 metri quadri calpestabili. Ma è evidente”, prosegue Marra, “che ci sono anche altri criteri al di là delle metrature che, in ogni caso, sono inferiori a quelle previste dalla legge regionale  che consente una superficie fino a 210 metri quadri. Mi riferisco all’utilizzo di determinati materiali, agli scarichi e ad altri parametri. E’ chiaro, comunque, che fino al licenziamento del provvedimento da parte della Commissione è tutto modificabile”, conclude il presidente dell’organismo.

I prossimi appuntamenti sono in programma il 20 e il 25 maggio. Nel frattempo le associazioni sono sul piede di guerra. E’ il caso di Italia Nostra del Vastese che sui risto-trabocchi sta conducendo da anni una battaglia.

Non possiamo che ribadire la nostra netta contrarietà”, commenta Davide Aquilano, presidente della sezione locale, “i trabocchi sono un elemento caratteristico del paesaggio della nostra costa, trasformarli in ristoranti significa sacrificare una importante risorsa per gli interessi economici di pochi. Fin dall’inizio ci siamo opposti alla legge regionale”, ricorda, “esprimendo contrarietà sia per motivi legati al paesaggio, sia per ragioni di sicurezza. Non è pensabile sacrificare una importante risorsa paesaggistica per gli interessi economici di 2/3 traboccanti che lavorano 3 mesi l’anno e danno occupazione a poche decine di persone. Ragionare solo in termini di economia di saccheggio è una visione miope ed egoista. Gli altri aspetti su cui si basa la nostra contrarietà sono la sicurezza e i servizi igienici”, prosegue Aquilano, “i trabocchi sono stati concepiti e strutturati dai nostri pescatori come macchine da pesca per ospitare al massimo 10 persone, mentre oggi ne contiamo mediamente dalle 50 alle 80, fino ad arrivare a punte di 100/120. Stiamo parlando di strutture poco stabili fatte di legno e ferro. Altro problema che abbiamo sollevato è quello relativo ai servizi igienici. Dove vanno a finire gli scarichi?”.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

 

 

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