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Viaggio nel mondo del doppiaggio. Intervista a Sonia Mazza, voce di Robin da “how i met your mother”

 

Settimo appuntamento con la rubrica dedicata all’affascinantissima arte del doppiaggio ed ai suoi protagonisti. Oggi “si viaggerà” alla scoperta di parte della carriera di Sonia Mazza (Modena, 22 aprile 1972), attrice e doppiatrice, nonché voce italiana di Robin da “How i met your mother”, di Laura da “Hamtaro” e di Eva Kant da “Diabolik”. Qui di seguito l’intervista telefonica che gentilmente Sonia ha voluto rilasciare al nostro giornale.

Per prima cosa vorrebbe raccontare i suoi inizi? Come è approdata al doppiaggio?

Ho cominciato la mia carriera da doppiatrice per puro caso. Infatti io volevo fare la strumentista in sala operatoria. In seguito, frequentando l’istituto magistrale, mi avvicinai all’idea di studiare psicologia dopo il diploma. Insomma ero molto lontana dalla strada che poi avrei finito per scegliere. Successivamente, grazie ad un volantino che lo pubblicizzava, decisi di iscrivermi ad un corso di dizione, per migliorare la mia pronuncia, dato che a scuola mi era sempre piaciuto studiare italiano. Durante il corso, il mio insegnante Danilo Bruni, mi disse che avrei potuto intraprendere il mestiere di doppiatrice. Anche se io avevo altri piani in mente, finì per avere ragione lui. Mentre ero ancora alle superiori, iniziai a prestare la voce in qualche pubblicità, poi, dopo il diploma magistrale, cominciai ufficialmente la mia carriera.

Lei è nota per aver lavorato moltissimo nel mondo delle telenovelas. Le è piaciuta questa esperienza?

Certamente! Innanzitutto bisogna dire che quando ho iniziato a doppiare le telenovelas, alla fine degli anni Ottanta, queste stavano vivendo il loro “periodo d’oro”: arrivavano in Italia davvero una marea di teleromanzi. Di conseguenza c’erano tantissime opportunità per noi doppiatori di lavorare a questo tipo di prodotti. Inoltre per me è stata una vera e propria palestra, visto che mi ha consentito di cimentarmi in tante situazioni diverse e di esercitare al meglio la mia voce. Fondamentale, poi, è stato il doppiaggio dell’attrice Andrea del Boca in opere come “Antonella”, “Celeste”, “Celeste 2”, “Stellina” e “Perla nera”. Posso dire che sono cresciuta professionalmente assieme a lei: infatti, avendola doppiata per moltissimo tempo, ho finito per instaurare un ottimo rapporto con lei, direi quasi parentale. La considero di fatto una sorella. Ho avuto perfino la possibilità di parlarle al telefono, almeno una volta, e ho scoperto che abbiamo davvero molto in comune. Insomma mi sono trovata sempre benissimo nel prestarle la voce e con gli anni sono riuscita anche ad entrare totalmente in sintonia con il suo stile recitativo. Questo per me è il vero obiettivo del doppiatore, ovvero diventare un tutt’uno con l’attore a cui si da la voce, altrimenti non si può parlare di doppiaggio.

Rimanendo in tema: il doppiaggio di una telenovela è diverso da quello di una serie tv statunitense o europea?

Sì certamente. Ma questa differenza fa parte del fascino delle telenovelas. In ogni caso, per lavorare bene su prodotti televisivi, è necessaria la velocità. Infatti, diversamente da quando si lavora su un film, il doppiaggio di questi richiede molta rapidità, dato il cospicuo numero di episodi che li compone. Ciò si rivela essere molto utile per noi, perché ci abitua a capire subito le situazioni delle scene ed a leggere immediatamente le emozioni, interpretate dagli attori nella versione originale. Cose che servono in ogni lavoro a cui si prende parte.

 

Uno dei suoi ruoli più celebri è Robin Scherbatsky, impersonata da Cobie Smulders, dalla sitcom “How i met your mother”. Com’è stato partecipare al doppiaggio di questa serie di gran successo?

Quando ho saputo di aver ottenuto la parte di Robin ho provato una grande gioia. Questo personaggio mi ha consentito di cimentarmi per la prima volta in un ruolo comico: era da tanto che aspettavo un’occasione del genere. Infatti prima di “HIMYM” avevo interpretato per lo più ruoli drammatici, tipici per l’appunto delle telenovelas, e quindi ero molto contenta di poter fare qualcosa di nuovo. Per non parlare poi del team di doppiaggio che era davvero fantastico! Però devo ammettere che prestare la voce a Cobie Smulders è stato complicato, soprattutto perché lei utilizzava giochi di parole e un tipo di comicità fatta di suoni e versi, che sono molto difficili da rendere in italiano. Lavorare a questa serie in generale non è stato semplice. Infatti i ruoli comici sono particolarmente difficili da reinterpretare e rielaborare attraverso il doppiaggio. Perciò, almeno sotto questo punto di vista, si può dire che viene più naturale impersonare una parte drammatica che una comica.

Tra i numerosi personaggi animati a cui ha prestato la voce, uno dei più conosciuti è Laura dall’anime “Hamtaro”. Cosa può dirci a proposito?

Lavorare a questo anime è stata senza dubbio un’esperienza bellissima. Mi ricordo che mi divertii tantissimo nell’interpretare questo ruolo. Io adoro doppiare i cartoni animati, perché mi permettono di tornare bambina. Il ruolo di Laura, poi, fu davvero appassionante e divertente: infatti per rendere più credibile il doppiaggio dovetti ringiovanire la mia voce oppure, in alcuni casi, cambiarla completamente. Insomma potevo sbizzarrirmi in vari modi possibili. I ritmi erano anche più veloci di quelli a cui ero abituata con le telenovelas e questo mi aiutò ulteriormente nel migliorare la mia tecnica. Inoltre l’aspetto che amo di più del mio lavoro, poter comunicare le proprie emozioni attraverso la voce, secondo me viene maggiormente fuori quando si doppiano prodotti d’animazione.

Qual è il ruolo che l’ha segnata maggiormente?

Più che un ruolo in particolare, direi che la già menzionata Andrea Del Boca è stata molto importante per me, anche perché con lei ho iniziato la mia carriera da doppiatrice. Poi naturalmente ci sono stati tantissimi personaggi, anche animati, che mi sono molto divertita ad interpretare e dei quali conservo bellissimi ricordi. Fra tutti questi mi viene in mente, così su due piedi, Eva Kant dalla serie animata “Diabolik”, che è un personaggio ben costruito e molto intrigante.

Forse pochi lo sanno ma da qualche anno, per motivi di produzione, il doppiaggio in sala si effettua per lo più singolarmente, diversamente da quanto accadeva in precedenza. In base a ciò, può dirci se lei preferisce doppiare con un collega oppure da sola?

Quando si registra assieme a qualcun altro il doppiaggio viene sicuramente meglio, anche perché si crea una forte sintonia, che rende il tutto più piacevole ed efficace. D’altro canto però, doppiare da soli permette di riscoprire meglio le proprie capacità e di gestire come si preferisce sia i tempi che gli spazi. Inoltre i doppiatori di una certa esperienza riescono a supplire senza problemi l’assenza di un partner in sala doppiaggio.

Un’ultima domanda: quali sono i suoi progetti per il prossimo futuro?

Non vedo l’ora di poter iniziare ad insegnare ne “Il Piccolo Teatro d’Arte” di Federica Valenti. Sarà la mia prima esperienza come docente e sono emozionatissima. Inoltre secondo me, quando si ha una buona esperienza in un determinato campo, nel mio caso il doppiaggio, è quasi un dovere trasmettere ciò che si conosce alle future generazioni. Altrimenti tutto ciò che si è fatto non avrebbe senso: diventerebbe soltanto una sorta di vana e vuota autocelebrazione.

Cesare Vicoli

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