Mappatura, verifica dello stato di conservazione, censimento e schedatura dei pozzi. E finalizzato alla tutela e alla valorizzazione dell’acquedotto romano delle Luci la prima fase progettuale di studio che l’amministrazione comunale ha affidato alla cooperativa Parsifal di Vasto. Dopo tanti anni di attesa si concretizza il sogno che Italia Nostra accarezza dal 2007, cioè da quando Marco Rapino, l’archeo-speleologo scomparso lo scorso mese di novembre, scrisse all’ex sindaco Luciano Lapenna per proporre uno studio preliminare. La proposta è stata reiterata nel 2018 e nel 2020 all’amministrazione comunale guidata da Francesco Menna, che con una determina del dirigente Luca Mastrangelo ha impegnato la somma di 7.320 euro per la prima fase del progetto.
“L’incarico di esplorazione e studio è solo il primo step di un progetto che si pone come finalità la tutela e la valorizzazione dell’acquedotto”, fa sapere Davide Aquilano, presidente di Italia Nostra del Vastese, “ma anche il riutilizzo dell’acqua per uso non potabile, il che non guasta in tempi di crisi idrica”.
L’Acquedotto delle Luci fu costruito tra il I ed il II secolo d.c. a servizio della città romana di Histonium, la moderna Vasto. Questa importante opera idraulica ha alimentato fino al 1926 la città ed è stata poi progressivamente abbandonata. Ha perso di importanza a mano a mano che la distribuzione idrica è entrata nelle case dei vastesi.
La manutenzione, storicamente effettuata dal Comune, si interrompe del tutto negli anni Ottanta. L’obiettivo di Italia Nostra è ripristinarlo non solo per poter attingere quantitativi di acqua per fini igienico-sanitari, ma anche per evitare che il prezioso liquido si disperda nel terreno aggravando il dissesto idrogeologico. Gli esperti sono convinti che diversi pozzi dell’acquedotto romano sono stati distrutti, occultati o riempiti, ma non hanno ancora un quadro completo del percorso e delle ramificazione dell’Acquedotto. Così come non si conoscono l’ubicazione e l’entità dei danni subiti dal manufatti.
“In questa prima fase verrà effettuata una mappatura e verificata la consistenza dello stato di conservazione del monumento”, spiega Aquilano, “verranno inoltre censiti e localizzati gli eventuali pozzi di ispezione non visibili in superficie, ma individuabili tramite le esplorazioni ipogee dei condotti”.
Solo dopo aver verificato la quantità e la qualità dell’acqua raccolta e trasportata dall’acquedotto sarà possibile elaborare un progetto finalizzato al risanamento delle criticità rilevate e al riutilizzo delle risorse idriche. Inutile dire che il monumento ha anche un grande potenziale di attrazione turistica. L’auspicio è quindi quello di non fermarsi al primo step e di continuare l’esplorazione e lo studio dell’Acquedotto ai fini della sua tutela e valorizzazione.
Anna Bontempo (Il Centro)