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40 anni dal “Mundial”. Intervista doppia a Fulvio Collovati e Hansi Muller, protagonisti della finale di “Spagna 1982”

Esattamente quarant’anni fa, l’11 luglio 1982, allo “Stadio Santiago Bernabeu” di Madrid venne disputata, tra l’Italia e la Germania Ovest, la finale del dodicesimo “Campionato mondiale di Calcio della FIFA”, che vide diventare gli “Azzurri” campioni del mondo per la terza volta nella loro storia. Proprio per celebrare tale ricorrenza, il nostro giornale ha pensato di intervistare due dei protagonisti, uno per squadra, di quell’epica partita: il difensore italiano Fulvio Collovati (Teor, provincia di Udine, 9 maggio 1957) ed il centrocampista tedesco Hans-Peter “Hansi” Müller (Stoccarda, 27 luglio 1957). Qui di seguito potete leggere l’intervista, che entrambi ci hanno gentilmente rilasciato.

Salve ed un grazie speciale a tutti e due, per aver accettato di concederci un po’ del vostro tempo.  Fulvio, la prima domanda è per lei: può raccontarci gli inizi della sua carriera calcistica?   

Iniziai a giocare a pallone fin da bambino. Successivamente, quando giocavo in una squadra della cittadina di Cusano Milanino, poco distante da Milano, venni adocchiato dagli osservatori di Milan ed Inter. Alla fine mi prese il Milan, in cui cominciai a giocare a tredici anni, nel settore giovanile. Successivamente, esordii diciannovenne in “Serie A” con la prima squadra. Fu il coronamento di un sogno. Poco dopo, nel 1979, venni convocato in nazionale: cominciò così anche la mia splendida avventura in maglia azzurra.

Invece lei, Hansi, come si è approcciato al mondo del pallone?

Ho iniziato a praticare calcio a sei anni, quando cominciai a giocare per una piccola squadra di quartiere della mia città, Stoccarda. Poi a diciott’anni divenni professionista con il “VfB Stuttgart” (in Italia noto semplicemente come Stoccarda, n.d.r.), con cui militai per sei anni nella massima serie della Germania Ovest, la “Bundesliga”. Inoltre, nel 1978, anche io iniziai la mia carriera con la nazionale.

Bene, adesso è giunto il momento di parlare del “Mondiale di Spagna 1982”.

Fulvio, all’inizio del torneo la nazionale italiana fu aspramente criticata dalla stampa e dai tifosi, poiché rea di non offrire un buon gioco. Cosa si ricorda di quel periodo?

Sì inizialmente, per noi italiani, fu molto difficile disputare la coppa del mondo, perché, nonostante ci fossimo qualificati al mondiale con due giornate d’anticipo, venivamo continuamente sommersi di critiche. Ciò non fece altro che aumentare con l’inizio del girone eliminatorio, visto che pareggiammo tutte e tre le prime gare, non giocando al massimo. In seguito, però, le critiche andarono ben oltre l’aspetto sportivo, arrivando anche a toccare le nostre vite private. Dunque Bearzot, che più di un allenatore era una sorta di figura paterna per il nostro gruppo, per proteggerci ci convinse a fare il silenzio stampa. Soltanto Zoff, in quanto capitano, era autorizzato a parlare con i giornalisti. Oggi un silenzio stampa non farebbe molta notizia, ma quarant’anni fa era una soluzione a dir poco estrema. Non a caso fummo anche malvisti per averlo fatto. In ogni caso ciò ci motivò, ancora di più, a dare il cento per cento.

Anche per la squadra tedesca i mondiali spagnoli iniziarono con qualche difficoltà. Soprattutto fece molto scalpore il caso dell’Algeria, che venne eliminata ai gironi, per differenza reti, a causa del risultato di 1 a 0 fra Germania Ovest e Austria. Infatti con tale esito ambedue queste compagini passarono il turno, proprio a discapito degli algerini, venendo accusate di combine (accordo illecito, n.d.r.). Hansi, cosa può dirci a tal proposito?

Sì se ne parlò tanto, ma devo dire che la “colpa” fu soltanto della formula del torneo. Dato che essa, a differenza di oggi, non prevedeva che le partite conclusive dei gironi si disputassero in simultanea. Posso assicurarvi che non ci fu alcun accordo preventivo tra noi e gli austriaci. Infatti, accadde semplicemente che nel secondo tempo, sul punteggio di 1 a 0 per noi, entrambe le squadre, conoscendo il risultato ottenuto dall’Algeria il giorno prima, decisero di accontentarsi, perché sapevano che tale esito avrebbe fatto qualificare tutte e due al turno successivo. Fortunatamente, anche grazie a questa vicenda, la FIFA modificò la formula dei mondiali già a partire dall’edizione successiva. Perciò ancora oggi le gare decisive dei gironi si giocano nella stessa data e alla stessa ora.

Tolta la finale, il match più emblematico di “Spagna 1982” per gli “Azzurri” fu la celeberrima “Italia-Brasile”. Fulvio, ci può raccontare come viveste questa incredibile esperienza?

Beh vi lascio solo immaginare quanta emozione provammo a giocare contro uno dei “Brasili” più forti di sempre. Per non parlare poi della tensione che tutti noi avevamo prima di scendere in campo, dato che per accedere alle semifinali dovevamo vincere per forza. Infatti, all’epoca, era previsto un secondo girone a tre squadre e solamente la prima classificata si sarebbe qualificata alla fase successiva. Noi capitammo in un gruppo difficilissimo con Argentina e, per l’appunto, Brasile. Sia noi che i “Verdeoro” battemmo la selezione argentina, ma, poiché i brasiliani segnarono un gol in più, sarebbe bastato loro pareggiare contro l’Italia, per passare il turno. La partita contro la “Seleçao” fu bellissima e riuscimmo, contro ogni pronostico, a vincerla per 3 a 2. Purtroppo alla fine del primo tempo mi feci male e fui costretto ad uscire, venendo sostituito da Bergomi. Per fortuna non fu un infortunio grave, di conseguenza potei disputare sia la semifinale con la Polonia che la finale contro la Germania Ovest. Comunque, una volta battuto lo strafavorito Brasile di Zico, Socrates e Falcão, ci sentimmo pervasi da una grande e rinnovata fiducia in noi stessi. Tant’è vero che la partita con la Polonia ci parve una passeggiata. Effettivamente, nonostante i polacchi potessero contare su campioni come Boniek e Lato, noi ormai, dopo il Brasile, ci sentivamo invincibili.

Invece, per la Germania, la partita più iconica di quel mondiale fu senza dubbio la semifinale contro la Francia di Platini, soprannominata la “Notte di Siviglia”. Hansi cosa si ricorda di questa epica sfida?

Fu una partita davvero difficile, anche perché la Francia era una delle squadre più forti del torneo, soprattutto per il centrocampo, potendo sfoggiare calciatori come il suddetto Platini e Alain Giresse. Io ero in panchina, ma mi ricordo ogni dettaglio di quella sfida: dalla disperazione sul 3 a 1 per i francesi nel primo tempo supplementare, all’euforia per le reti di Rummenigge e Fisher che ci permisero di pareggiare e di andare ai rigori, dove vincemmo per 5 a 4. A tal proposito, mi viene in mente che quando sul dischetto si presentò l’attaccante francese Didier Six, mio compagno di squadra allo Stoccarda, dalla panchina indicai al nostro portiere Harald Schumacher dove tuffarsi. Il mio suggerimento si rivelò giusto, così Schumacher riuscì parare il tiro. Mi piace pensare di aver aiutato la mia nazionale anche dalla panchina. La “Notte di Siviglia” fu davvero una partita memorabile, peccato che la maggior parte della gente se la ricordi per il brutto fallo che Schumacher commise su Battiston. Fu uno spiacevole episodio che fece discutere molto, ma, fortunatamente, i due oramai si sono completamente chiariti.

Ora passiamo alla finale.

Fulvio, quali ricordi le vengono in mente, pensando a quella serata madrilena di quarant’anni fa?

L’emozione è tanta ancora oggi, ogni volta che ci ripenso. I ricordi sono innumerevoli: la gioia dei miei compagni quando mi vennero a ringraziare per aver evitato, in extremis, un gol dei tedeschi; il pianto di Cabrini dopo che sbagliò il rigore nel primo tempo; il conseguente sprone di Bearzot per non farci demoralizzare; i gol di Rossi, Tardelli ed Altobelli; il saluto pieno di gioia del presidente Sandro Pertini, alla fine della partita. Forse il ricordo a cui tengo maggiormente, però, è la corsa intorno al campo del “Bernabeu” con in mano la coppa. Un’emozione così forte non l’ho mai più rivissuta nella mia carriera. Difatti, nonostante ogni vittoria sia importante per un calciatore, nulla può superare il trionfo in un mondiale.

Hansi, può dirci, invece, quali erano i vostri pensieri, prima di scendere in campo contro un’Italia capace di eliminare l’Argentina di Maradona ed il Brasile di Zico?

Certamente c’era molta pressione psicologica prima dell’incontro, dati i suddetti successi degli “Azzurri”, ma soprattutto c’era molto rispetto per una squadra, che aveva sconfitto alcuni dei favoriti alla vittoria del mondiale. Noi disputammo la finale al massimo, tuttavia bisogna dire che eravamo abbastanza provati anche dal punto di vista fisico, oltre che da quello psicologico. Difatti avevamo giocato la semifinale più di tre ore dopo l’Italia, in più ,a differenza degli “Azzurri”, disputammo anche i tempi supplementari e i rigori. Per non parlare poi della lunghissima attesa di quattro ore all’aeroporto di Siviglia, prima di poter rientrare a Madrid. Insomma, un po’ di riposo in più ci avrebbe giovato non poco in vista della finale di due giorni dopo. Il primo gol, segnato dal povero Rossi ad inizio secondo tempo, ci fece male, ma credevamo ancora di poter recuperare. Più tardi, però, ci fu il colpo di grazia: me lo ricordo fin troppo bene! Era circa il settantesimo minuto, io stavo per entrare in campo al posto di Rummenigge quando, dopo una veloce ripartenza degli “Azzurri”, Marco Tardelli segnò il gol del 2 a 0, che di fatto chiuse l’incontro. Durante la premiazione, devo ammettere che provai un po’ di fastidio nel vedere Zoff sollevare la coppa, ma al tempo stesso ero anche consapevole che l’Italia aveva meritato di vincere.

Fulvio, dopo il mondiale, fece clamore il suo trasferimento dal Milan, dove aveva giocato per anni, ai rivali di sempre dell’Inter. Cosa può dirci a riguardo?

Il mio trasferimento all’Inter fu deciso assieme alla dirigenza del Milan e, contrariamente a quello che molti pensano, non fu motivato da ragioni economiche. Infatti scelsi di lasciare il club rossonero per non perdere la possibilità di giocare in nazionale. Alla fine della stagione 1981-1982 il Milan retrocesse in “Serie B” per la seconda volta, in tre anni. Di conseguenza, visto che all’epoca le partite della nazionale si disputavano di sabato come quelle di “B”, per me sarebbe stato davvero complicato giocare in maglia azzurra rimanendo al Milan. Anche perché, a dire il vero, già avevo provato a far convivere la “Serie B” con l’impegno in nazionale, quando i “Rossoneri” vennero retrocessi d’ufficio nel 1980. Ciò, tuttavia, mi costò non poca fatica. Per tale motivo Bearzot mi disse che, se avessi giocato nel campionato cadetto anche quella stagione, avrei rischiato di perdere il posto in nazionale. Perciò accettai l’offerta dell’Inter e rimasi in “A”. Il mio unico rammarico è che non riuscimmo a vincere nulla, nonostante fossimo una squadra davvero forte, vantando calciatori come Oriali, Altobelli, Rummenigge e, naturalmente, Hansi.

Infatti lei, Hansi, dopo il “Mundial” venne in Italia a vestire la divisa dell’Inter. Cosa la spinse a voler giocare in “Serie A”?

In realtà già qualche anno prima avevo ricevuto un’offerta dall’Italia, ma rifiutai perché pensavo fosse troppo presto. Poi però nell’Estate dell’82, prima del mondiale, decisi che era il momento di fare qualche esperienza fuori dalla Germania e accettai di trasferirmi all’Inter. Non mi sono mai pentito della mia scelta, anche perché nei tre anni passati in Italia, due in “nerazzurro” e uno al Como, sono maturato molto come calciatore ed ho imparato tantissime cose, che probabilmente rimanendo in Germania non avrei mai appreso.

Purtroppo è giunto il momento di salutarci. Vorrei ancora ringraziarvi tutti e due, Hansi e Fulvio, per averci accompagnato in questo meraviglioso viaggio nel Passato.

Cesare Vicoli

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  • Hansi Muller
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