Morì cercando rifugio in una casa in ristrutturazione. Il buio gli impedì di vedere la tromba delle scale e precipitò nel vuoto battendo la testa dopo un volo di 5 metri. La tragica morte del 17enne Simone Di Giovanni, è stata rivissuta ieri dopo nove anni davanti ai giudici della Corte d’appello dell’Aquila. Giovanni Carbonetti, il proprietario dell’immobile ieri è stato assolto. In primo grado era stato condannato a 6 mesi di reclusione per non aver segnalato a dovere il pericolo. La legge, infatti, addossa, al proprietario di casa una responsabilità oggettiva per tutti gli infortuni che avvengono nel suo appartamento, tanto nell’ipotesi in cui lui sia presente, tanto in quella in cui si trovi altrove.
I genitori dello studente, saranno risarciti e a rappresentarli sono stati gli avvocati Fiorenzo Cieri e Vincenzo Mastrangelo.
La tragedia avvenne l’8 giugno del 2010 in località San Giacomo. Il giovane, che era con altri amici, si trovava vicino al cantiere. L’immobile era aperto e a un certo punto lo studente scappò all’interno della casa. Lui non ha mai potuto spiegare a nessuno perché lo fece, ma altri hanno raccontato che cercasse rifugio da un cinghiale.
Inutili i soccorsi del 118 e il trasferimento dello studente prima all’ospedale di Vasto, poi in quello di Pescara dove l’elettroencefalogramma non segnalava più l’attività cerebrale. Trascorse le ore previste dalla legge, i medici staccarono le macchine che lo tenevano in vita e i genitori autorizzarono l’espianto degli organi.
Il proprietario di quell’immobile finì a giudizio per non aver interdetto l’accesso al cantiere.
Paola Calvano