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Lu Uaste belle e terra d’eure: ecco la biografia completa dell’autore FP Votinelli

Omaggio a Francesco Paolo Votinelli. In occasione della visita a Vasto della nipote Diane Votinelli e del pronipote Albert Rocco Votinelli   3-7  novembre  2022

di Nicola D’Adamo

 (Saluto a autorità pubblico e ospiti)

Il mio compito stasera è quello di illustrare la vita di Francesco Paolo Votinelli.

Ma prima di fare questo,  non posso fare a meno di fornire qualche dettaglio sul tema dell’emigrazione. Tema vastissimo a cui comunque io dedicherò solo qualche minuto.

L’emigrazione di massa iniziò intorno al 1880 ed ebbe i suoi maggiori picchi agli inizi del 1900, quando migliaia di italiani, provenienti soprattutto dalle regioni del sud Italia , si imbarcarono verso le Americhe,  per sottrarsi alla miseria e  cercare nuove opportunità.

Sull’argomento sono a disposizione una miriade di studi  e di dati, ma basta citare un solo numero per dare una idea di quello che avvenne in quegli anni.

E il dato è questo: tra il 1900 e il 1920 circa 4 milioni di italiani,  tra cui molti vastesi, misero piede a Ellis Island per entrare negli Stati Uniti.

C’è da chiarire però che alcuni di loro rimasero in America, come ad esempio il nostro Votinelli;  altri invece rientrarono in Italia dopo aver accumulato il classico  gruzzoletto per acquistare un pezzo di terra o costruire una casetta nella loro città natia.

La prima domanda cui rispondere potrebbe essere questa: come fu l’integrazione degli emigrati italiani  nella società americana?

La risposta è complessa: ma diciamo che non fu vita facile. Anche perché gli immigrati in genere non avevano scolarità e quindi, specialmente agli inizi, si  dovettero accontentare dei lavori più disagiati. Spesso con condizioni di lavoro massacranti e con stipendi ridotti.

Una precisa idea di queste condizioni ce la dà Pietro Di Donato, scrittore americano figlio di Vastesi, nel suo romanzo “Christ  in concrete”, Cristo fra i muratori.  Di Donato perse il padre nel 1923 con un brutto incidente sul lavoro proprio durante i lavori  di costruzione di un grattacielo di New York, quindi offre molti spunti di riflessione sull’universo degli italiani in America.

Ma le condizioni difficili non spaventarono gli italiani,  che con il loro carattere determinato e le loro capacità seppero farsi accettare dalla società americana.

Pian piano si inserirono in tutti i settori e molti ottennero buoni successi.

Tempo fa pubblicammo su NoiVastesi, con l’aiuto dell’amico Remo Petrocelli, la storia dei fratelli Mariani originari di Vasto che crearono dal nulla in quegli anni una grossa organizzazione per la distribuzione di prodotti alimentari via posta o corriere. Nel 1914 pubblicarono un ricco catalogo con migliaia di prodotti, con precise condizioni di vendita, prezzi,   garanzie ecc. Erano così all’avanguardia che ci viene da dire quasi meglio di quello che oggi offre Amazon.

I sacrifici della prima generazione comunque permisero alla seconda o terza generazione di integrarsi molto bene nella società americana e spesso di emergere nella scala sociale,  ricoprendo anche ruoli molto importanti.  

Facciamo qualche esempio di nonni partiti dal nostro Abruzzo:  la famiglia di Nancy Pelosi speaker del Cogresso Usa viene da Montenerodomo (Ch) , lei è stata a visitare il suo paese lo scorso 1° luglio 2022;   quella di Mike Pompeo segretario di Stato ai tempi di Trump viene da Pacentro (Aq) da lui visitato il 3 ottobre 2019.

Caso strano Pacentro è stesso paese della cantante Madonna! Restando in Abruzzo,  aggiungiamo pure Dean Martin di Montesilvano (Pe).  Ma la lista degli cantanti italoamericani è lunga e più o meno è nota a tutti.

Una riflessione da fare è che la musica fu una delle leve di riscatto della comunità italiana.

Proprio in questo campo gli italiani  hanno raggiunto vette altissime in America, dalla prima metà del ‘900, con il Metropolitan di New York che divenne quasi la casa degli Italiani (con nomi come Arturo Toscanini e il tenore Enrico Caruso),  fino ai numerosi cantanti di musica leggera di ieri e di oggi, tutti famosi.

Persino Bruce Springsteen ha la madre Italiana di Vico Equense (NA), e addirittura Bradley Cooper è cresciuto con le ottime lasagne che gli preparava la nonna Assunta di Ripa Teatina.

Proprio in  questo filone si inserisce il racconto del nostro Francescopaolo Votinelli  di cui vorrei ora parlarvi, ripercorrendo le varie tappe della sua vita, sulla base delle informazioni che sono riuscito a reperire in questi anni.

Votinelli (il cui vero cognome era Cutinelli) nacque a Vasto 1891.

Nell’atto di nascita suo padre Domenico Cutinelli – “guardia municipale”  di anni 50 – dichiara che  il giorno 13 ottobre 1891 alle ore 3 di mattina sua moglie Rosalinda Giosi “cucitrice” ha dato alla luce nella loro casa in “Strada Barbacani n.16” un bambino di sesso maschile a cui si dà il nome di “Francescopaolo”

(Nell’atto di nascita e nei successivi documenti i due nomi sono sempre attaccati).

Sulla famiglia di Votinelli abbiamo qualche notizia circolata a Vasto negli ultimi anni.

Il padre Domenico, in quanto vigile urbano, era conosciuto in città, ma “secondo i ricordi degli anziani, era dotato di un carattere così buono, non certo proprio severo quale si compete ad un tutore dell’ordine  che i suoi concittadini gli affibbiarono il soprannome “La Mamminelle”.

Così scriveva il compianto Giuseppe Catania, che aggiungeva: “La madre di Votinelli, Rosalinda Giosi, per aiutare e mandare avanti la famiglia, aveva aperto in un basso di Piazza Barbacani, una bottega per la vendita di setacci per la farina e di quelle caratteristiche “chitarre” per la lavorazione dei maccheroni fatti in casa”.

Nell’atto di nascita di cui sopra però si legge che lei  – in quel periodo – era “cucitrice”, vale a dire sarta. Quindi può darsi che sia stata lei a spingere il giovanissimo Francescopaolo verso questo mestiere.

A 17 anni appena, Francescopaolo Cutinelli si imbarca per l’America e il 29 marzo 1909 approda a Ellis Island, la nota isola vicino la statua della Libertà,  dove venivano controllati gli immigrati.

Nei registri,  di cui abbiamo copia, si legge che aveva viaggiato da Napoli con la nave “Indiana”, che sapeva leggere e scrivere, era sarto (tailor), alto 1.73 m, di buona salute e aveva in tasca 16 dollari! E che lo stava accogliendo il fratello Nicola Cutinelli già in Usa.

Non si ha notizia sul motivo per cui i fratelli Cutinelli decisero di cambiare cognome in Votinelli.  Ciò avvenne comunque subito dopo perchè il fratello Nicola morì giovane nel 1916.

Notizia certa invece è che Francescopaolo Votinelli trovò subito occupazione a New York come sarto.

Il suo carattere aperto, gioviale e disponibile, lo porta ad allacciare rapporti di amicizia con tutti, specialmente con gli altri emigrati italiani, tra cui molti vastesi. Alto e bello, viene chiamato ad animare feste e conviviali guadagnandosi l’appellativo di “Lu pilajje”, l’origano, nel senso che sta bene dappertutto come il prezzemolo.

All’epoca a New York i vastesi avevano creato (1903)  la Società Lucio Valerio Pudente, una sorta di società di mutuo soccorso che organizzava anche molti incontri per tenere unito il gruppo, con canti e recite in dialetto  e tanti balli.

Per esempio nel 1929 la manifestazione si tenne al glorioso Webster Hall il club più esclusivo dell’epoca.

Sicuramente in una di  queste feste fra amici vastesi, Francescopaolo Votinelli intonò le prime note di “Lu Uaste bbelle e terra d’eure” che poi rifinì e divenne l’inno dei vastesi d’America.

 Siamo più  o meno alla metà degli anni ’20, l’eco della bella canzone giunse a Vasto e nel 1934 addirittura Luigi Anelli lo inserisce come sigla finale nello storico concerto “Come canta il popolo Vastese” tenuto dal Coro di Vasto a Roma presso la EIAR (ora RAI).

Nella sua vita privata Votinelli si sposa per tre volte: inizialmente si sposa con Caterina Tutino e hanno quattro figli Rosalia, Margarita, Dominic, Albert. Ecco Albert è il nonno di Albert Rocco, che abbiamo il piacere di avere qui a Vasto oggi.

Dopo questo primo matrimonio – non si conoscono i motivi della rottura – Votinelli sposa  Maddalena Fasolino ed hanno un solo figlio, Paul Frank che è il padre di Diane che oggi è anche lei qui con noi.

E’ un matrimonio felice, Maddalena ama l’ambiente frequentato dal marito, va dappertutto con lui. Ma purtroppo lei viene a mancare nel 1947, quando il figlio aveva solo 16 anni.

Fu  proprio Frank Paul a raccontare,  in una nota che ci ha inviato Diane, che Votinelli in casa manteneva le tradizioni Vastesi.

Per esempio ad ogni Natale faceva  il Presepio e metteva il Bambino al canto di “Tu scendi dalle Stelle”, proprio come a Vasto. A suo tempo Diane ci mandò una bella foto di questa scena.

Votinelli – che si avvicinava ai 60 anni – persa la seconda moglie si sposò di nuovo,  con Rosalia, una donna che poco dopo rivela l’insofferenza per Vasto e per i Vastesi rendendo la vita difficile all’autore di Lu Uaste bbelle.

Ma lui facendo fede all’ultimo verso della sua canzone “ma je prime che mme mèure te vulesse arevidaje”, nel 1965 all’età di 74 anni decide di mollare tutto e far rientro a Vasto, dove la morte lo colse il 14 novembre 1969 all’età di 78 anni.

Negli ultimi 4 anni a Vasto Votinelli viveva presso l’Albergo Nuova Italia di via Bebbia e frequentava il centro storico. D’estate si incontrava con l’anziano amico Berardino Pracilio anche lui sarto a New York  che rientrava ogni anno a Vasto per le ferie.

Spesso visitava il salone di Dino Fioretti in piazza del Popolo, prendeva la chitarra e intonava una canzone.

Dino riferisce che una volta prima della sua morte lo accompagnò a Chieti a visitare una sorella e a Pescara alla sede della RAI.

A questo proposito Diane Votinelli è in possesso di uno storico servizio in audio,  messo in onda via radio da RAI Pescara alla morte dell’autore il 14 novembre 1969,  in cui si sente il Coro del Maestro Zaccardi che canta Lu Uaste bbelle, la voce del giornalista ed anche quella di Votinelli proveniente da una precedente intervista.

Ecco la trascrizione:

(GIORNALISTA) Si è spento ieri a Vasto il poeta e musicista Francesco Paolo Votinelli. Era giunto alcuni mesi fa nella sua città natale, a rivedere il suo mare, a riempire ancora i suoi occhi – ormai diventati stanchi – di tutto l’azzurro di quel cielo,  e a respirare il sapore resinoso dei pini che si confondono con la salsedine. E qui nella sua Vasto, come aveva sempre desiderato, lo ha colto la morte.

Il pensiero della sua terra non lo aveva mai abbandonato e da questa acuta e struggente nostalgia era nata “Lu Uaste bbelle e terra d’eure”, che diventò subito non solo l’inno degli emigrati Vastesi, ma di tutti gli abruzzesi che avevano conosciuto il distacco dalla cose più care, la tristezza della lontananza.  “Uaste bbelle e terra d’eure” fu composta – come ebbe occasione di dirci Votinelli – una quarantina di anni fa.

(VOTINELLI da una precedente intervista) – “Fu nel ’25 che composi questa canzone. E andai a Brooklyn e la cantai tra i Vastesi. E ho visto che è subito piaciuta. Così continuai a cantarla. Questa fu una delle migliori  canzoni in America che fece molto furore fra i compaesani vastesi. Sempre con un pensiero alla mia cara Vasto”.

(GIORNALISTA) Votinelli era partito per gli Stati Uniti ancora giovanissimo ai tempi della libera emigrazione quando l’Italia scaricava sulle spiagge americane l’eccesso della sua popolazione esuberante. E di lì ha iniziato a lavorare come sarto.

(VOTINELLI) – “Ho continuato a lavorare sempre come come sarto. Lavoravo nelle fabbriche. Gli italiani erano come schiavi a quei tempi.  Vi erano molti Vastesi emigrati nel 1905, nel 7, nell’8. Spesso ci riunivamo presso la “Società Lucio Valerio Pudente” che funzionò per molti anni”.

(GIORNALISTA) Il pensiero di Votinelli era rimasto in tutti quegli anni costantemente rivolto alla sua Vasto, alla Vasto della sua infanzia, alle care cose di un tempo. Così diverse purtroppo  – ci diceva – da quel mondo americano in cui si sentiva costretto a vivere.

(VOTINELLI) – “Dentre a chi sta terre / mendre vanne a la scheule / cumenzene a ffa la guerre / la facce si li mbiàschine / di cipre e di rusciatte /ngi li cagne di lu Uaste na tosta cafunatte. Lu Uaste bbelle”!

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