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Riposi giornalieri negati per anni, la Asl deve ripagare l’infermiera

Non ha usufruito per alcuni anni del riposo giornaliero e il giudice del lavoro condanna la Asl al pagamento della somma di 4.600 euro (oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria), a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale per il mancato rispetto della disciplina dell’orario di lavoro.

Si è risolta a favore di una dipendente dell’Azienda Sanitaria la causa civile che ha avuto il suo epilogo nei giorni scorsi con il deposito della sentenza del giudice del lavoro Silvia Lubrano. Il magistrato ha accolto parzialmente il ricorso presentato da una infermiera professionale dell’Ospedale di Gissi, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Damiano e Katia Basilico.

La dipendente aveva chiesto il risarcimento per aver patito “un danno da usura psicofisica” in seguito ai mancati riposi giornalieri contemplati dalla disciplina sull’orario di lavoro, sostenendo che dal 2012 al 2020 aveva svolto il servizio di guardia notturna dalle 20 di sera alle 8 del mattino, come era facilmente riscontrabile dagli estratti dei cartellini marcatempo, rivendicando una somma risarcitoria pari a 27.500 euro.

Secondo la dipendente la Asl, che si è costituita in giudizio tramite l’avvocato Antonella Di Tizio, avrebbe violato le disposizioni relative all’orario di lavoro in ben 132 casi, procurandole un danno da usura psico-fisica. L’Azienda si è difesa sostenendo che la violazione della disciplina sull’orario di lavoro poteva essere semmai invocata per il periodo successivo all’entrata in vigore della legge 161 del 2014, disposizione che ha esteso al personale del ruolo sanitario la possibilità di fruire delle 11 ore di riposo giornaliero nei successivi sette giorni.

A detta della Asl l’infermiera sarebbe stata comunque remunerata con il pagamento straordinario per le ore prestate oltre l’orario istituzionale e questo sarebbe avvenuto soprattutto durante il 2020, quando il personale sanitario ha effettuato turni più intensi a causa dell’emergenza Covid, tuttavia remunerati con una specifica indennità di rischio a decorrere dal marzo 2020. Il giudice ha parzialmente accolto il ricorso dell’infermiera.

“Questo parziale accoglimento consiste nel mancato riconoscimento dei riposi antecedenti il 2015”, spiega l’avvocato Damiano, “in quanto lo Stato italiano si è adeguato alla direttiva europea sull’orario di lavoro in ritardo al fine di evitare la procedura di infrazione. E’ stato invece riconosciuto il danno da usura psico-fisica”.

Il giudice del lavoro ha anche nominato un Ctu (consulente tecnico d’ufficio), il quale è giunto alle conclusioni che “a decorrere dal 26 novembre 2015 la Asl non ha rispettato il limite minimo di 11 ore tra un riposo e l’altro nel corso delle successive 24 ore, 79 volte”.

Il Centro

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