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Il Vangelo della Domenica: 20 novembre 2022

Cristo Re dell’Universo

Il suo regno (Lc 23,35-43).

In quel tempo, dopo che ebbero crocifisso Gesù, il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

In tempi recenti si è abbondantemente parlato di regni, regine e re, in occasione della morte di Elisabetta II e si è avuto anche modo di assistere forse all’ultima esibizione di sfarzo connesso con un sovrano il cui lungo regno è iniziato quando la sacralità e il legame con la regalità divina dovevano essere ben visibili. La centralità della ritualità cristiana nell’ultimo saluto alla regina ci ha ricordato che, mentre oggi i governanti sono legittimati dal basso, nelle epoche precedenti si governava per volere di Dio e, in ambito cristiano, come rappresentati di Gesù Cristo in terra. Ma il vangelo ci ricorda che il regno di Cristo non è secondo la logica del mondo perché l’unica corona che Gesù ha ricevuto è quella di spine e come “cortigiani” ha avuto due condannati a morte come lui. La festa di Cristo re è nata quando, cadute molte monarchie o relegate ad essere un residuo fantoccio di glorie passate, si sono presentati sulla scena uomini “della provvidenza” con pretese messianiche e la chiesa, di cui il capo ancora era incoronato con il triregno, ha pensato bene di contrapporre a questi sgherri che oggi tornano in auge grazie ai loro sbiaditi epigoni, la regalità di Gesù Cristo, anche se con la pretesa, forse, di esaltare il suo rappresentante in terra, cioè il papa. Non so se ha ancora senso oggi celebrare Gesù con un titolo che andava bene ai suoi tempi in cui non c’erano democrazie ma solo re e imperatori e forse andava ancora bene finché esistevano monarchie ovunque. Oggi forse, più che Cristo re andrebbe celebrato il Cristo servo, Colui, cioè, che, come lui stesso ha detto, non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita. Oggi forse, per essere fedeli al vangelo, Gesù sarebbe meglio onorato se etichettato come “carico residuale”, anziché con titoli che si addicono a quelli che lasciano i suoi fratelli in balia del mare.

Don Michele Tartaglia

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