“La crisi dell’istruzione, in Italia, dovrebbe essere ormai considerata una condizione intrinseca al sistema scolastico nazionale. Però non se ne parla, o se ne parla solo episodicamente. Come scrive Ernesto Galli Della Loggia «oggi, della scuola, di ciò che essa rappresenta o potrebbe rappresentare, non importa più niente a nessuno. Meno che meno importa alla politica.»
Eppure, la scuola pubblica è stata, in Italia, una questione politica tra le maggiori fino a diventare, dopo l’Unità e fino al fascismo, una vera e propria questione nazionale. Non è un caso se, scorrendo la lista dei ministri della Pubblica Istruzione (e poi dell’Educazione Nazionale) si incontrano i nomi di intellettuali di prima grandezza come Francesco De Sanctis, Benedetto Croce, Giovanni Gentile. Dal secondo dopoguerra, tuttavia, la rilevanza politica dell’istruzione pubblica è andata gradatamente scemando. La scuola non è ormai da tempo una questione nazionale (posto che qualcosa di definibile come “questione nazionale” esista ancora): si confrontino questi nomi con quelli dei ministri omologhi degli ultimi decenni e più ancora degli ultimi anni (“tecnici”, o politici di terz’ordine) e se ne avrà una conferma irrefutabile. La storia della scuola italiana del dopoguerra, scrive Adolfo Scotto di Luzio, è “la storia di una scomparsa”.
Questo brano è tratto da uno studio di Michele Celenza (“La scuola dell’ultimo uomo. Un congedo.”) che sarà presentato nella sede della Società Operaia, a Vasto, il oggi alle 18.
Ne parleranno, insieme con l’autore, alcuni docenti (o ex docenti): Davide Aquilano, Luigi Murolo, Giovanni Artese, Marco Genovesi (Università di Nottingham Trent).
Modererà l’incontro Ernano Marcovecchio, docente e sindaco di Tufillo.