Nel 2017 l’esposto presentato dalla Stazione ornitologica abruzzese, nel 2019 il sequestro della terza vasca del Civeta, ma ad oggi, a distanza di circa sei anni, l’inchiesta non è stata ancora chiusa. Restano in attesa di conoscere le conclusioni a cui è giunta la magistratura le quattro persone rimaste coinvolte nelle indagini avviate dalla Procura, tra cui il legale rappresentante e un tecnico della Cupello Ambiente, la società che si occupa della gestione della discarica.
Nell’invaso, stando alle contestazioni del procuratore capo Giampiero Di Florio, sarebbero confluiti, nell’arco temporale che và dal 2017 al 2018, settantamila tonnellate di rifiuti provenienti prevalentemente da Puglia, Campania e Lazio. Circostanza che, oltre a violare le norme di settore e quanto stabilito nell’autorizzazione integrata ambientale (Aia), avrebbe provocato un precoce esaurimento dell’invaso, anche se la tesi portata avanti dalla Cupello Ambiente ruota intorno alla esistenza di documenti ed autorizzazioni che consentono di accogliere anche i rifiuti extra-consortili.
“I tre procedimenti aperti sono tutti nella fase delle indagini preliminari”, spiegano alcuni legali, “dai calcoli da noi effettuati sono scaduti i termini. A questo punto la Procura deve decidere se chiedere l’archiviazione o il rinvio a giudizio”.
I sigilli alla terza vasca scattarono il 20 marzo 2019 ad opera dei carabinieri del Noe che diedero esecuzione al decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del Tribunale di Vasto, su richiesta della Procura. Il provvedimento, che si rese necessario per evitare “la protrazione dei reati e delle conseguenze derivanti dalla loro commissione”, venne revocato il 21 febbraio 2020, quando la discarica di servizio tornò nella piena disponibilità del Civeta.
L’inchiesta venne avviata in seguito ad un corposo esposto presentato il 5 novembre 2017 da Augusto De Sanctis della Stazione Ornitologica Abruzzese (Soa), in cui si chiedeva, tra l’altro, di verificare le modalità di gestione delle tre vasche esistenti, “ivi compresa la provenienza e la tipologia dei rifiuti smaltiti nell’impianto e la corrispondenza con quanto previsto nelle clausole contrattuali, nonché le forme di controllo attuate in concreto dal Consorzio per farle rispettare”.
Fatto sta che a distanza di sei anni e nonostante una corposa consulenza tecnica a disposizione della Procura e sul cui esito non è mai trapelato nulla, l’inchiesta non è ancora stata chiusa.
“Ad oggi, a parte alcune rivelazioni fatte dalla stampa e quanto accaduto in fase di dissequestro non sappiamo nulla sullo stato delle indagini”, commenta De Sanctis, “crediamo che questi tempi siano incompatibili con la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte”.
Nel frattempo ci sono stati importanti cambiamenti, fra cui la trasformazione del Civeta in società di capitali (Srl), una svolta attesa da più di un decennio, ma che si è concretizzata lo scorso mese di dicembre con la firma davanti al notaio dei sindaci di Vasto, San Salvo, Cupello e Scerni, Francesco Menna, Emanuela De Nicolis, Graziana Di Florio e Daniele Carlucci e del Commissario delle ex comunità montane, Arturo Scopino.
Anna Bontempo (Il Centro)