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Suicidio di Trotta nel carcere a Vasto. La Procura: “Processate la direttrice e un agente”

Sono trascorsi quasi due anni dal suicidio in carcere di Sabatino Trotta. Ora la Procura di Vasto  – come riporta stamane il quotidiano d’Abruzzo Il Centro a firma di Gianluca Lettieri e Paola Calvano – tira le somme dell’inchiesta, formalizza le accuse e, in attesa delle valutazioni del giudice per l’udienza preliminare, stringe il cerchio delle responsabilità intorno a due figure: la direttrice del carcere G.R. e l’assistente capo della polizia penitenziaria, A.C. Il caso arriverà  in aula il prossimo 15 giugno davanti al giudice Fabrizio Pasquale. Il reato contestato è di omicidio colposo per una serie di omissioni.

In particolare la direttrice del carcere “dopo la prima visita di medicina generale, richiedeva un colloquio immediato del detenuto presso di sé, inducendo in tal modo Trotta a chiedere il differimento del colloquio psicologico” e tutti gli altri passaggi obbligati.

Il clamore della vicenda viene fuori dal fatto che nessuno sottopose Trotta ad una accurata perquisizione tanto che gli venne lasciato il laccio del pantalone della propria tuta con il quale si impiccò.

Non meno grave è il fatto che il detenuto aveva con sè della sostanza stupefacente. Nell’imputazione si contestano infatti alla direttrice una serie di omissioni legate alla circostanza che, dopo la visita medica, la direttrice fece saltare a Trotta tutto l’iter procedurale che lo avrebbe dovuto portare alla visita dello psicologo e dello psichiatra.

Inoltre il suicidio poteva essere evitato se ci fosse stata quella sorveglianza a vista prevista in casi del genere. L’assistente capo della penitenziaria è accusato di aver violato “le norme  che disciplinano le mansioni degli addetti alla sorveglianza e l’accoglienza e sostegno dei nuovi giunti negli istituti di pena” che prevede in primis che “la polizia penitenziaria, nel rispetto della dignità dei detenuti, deve custodire costantemente e sorvegliare i ristretti ovunque si trovino”.

Gli imputati, difesi dagli avvocati Massimo Solari, Cristiano Bertoncini e Maria Concetta Berarducci, respingono le accuse.

 

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