Il 21 settembre, si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale dell’Alzheimer”, istituita dall’ Organizzazione mondiale della sanità, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere iniziative per la prevenzione e la cura di questa malattia. E’ un tema delicato, complesso e difficile che cerchiamo di analizzare insieme con il professor Guido Brunetti, umanista-scienziato e scrittore, il quale ha fornito numerosi, importanti contributi scientifici nel campo delle neuroscienze sia attraverso l’insegnamento universitario che per mezzo di molteplici libri e saggi, che spaziano nei più diversi campi delle neuroscienze, della psichiatria e della psicoanalisi.
Ci può introdurre nel campo ancora misterioso dell’Alzheimer?
“La comprensione e la cura dell’Alzheimer- spiega Brunetti- è una delle grandi sfide del futuro. E’ una malattia insidiosa, che fa paura, può colpire chiunque, mortificando la dignità e l’identità dell’essere umano. Ha infatti un’evoluzione progressiva verso il completo declino cognitivo. Di qui, l’esigenza di un trattamento e di un’assistenza di grande qualità umana e professionale, di empatia e di notevole sensibilità morale”.
Come può essere valutata?
“E’ una forma di demenza, che implica un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a partire dalla memoria. Le demenze sono patologie con eziologie diverse, caratterizzate da molteplici deficit cognitivi (afasia, aprassia, agnosia, disorientamento spazio-temporale e difficoltà visuo-spaziali). La diagnosi è accompagnata da sintomi ansiosi e depressivi. Il morbo di Alzheimer, descritta per la prima volta nel 1907, colpisce più spesso la donna e appare di frequente dopo i 65 anni di età. All’origine della patologia, c’è la morte massiccia delle cellule nervose. L’ipotesi è che questa malattia sia una forma ‘precoce e galoppante’ (Swaab) di invecchiamento cerebrale. I neuroni si logorano, determinando una graduale decadenza delle funzioni del cervello”.
Può spiegarci il concetto di invecchiamento?
“Con il passare degli anni, c’è un lento decadimento del cervello, come ogni altra parte del nostro corpo, evento che costituisce l’espressione più evidente della nostra fragilità. E’ una legge biologica inevitabile. Le cellule del cervello cominciano a scomparire, come le foglie che cadono in autunno. Già a partire dai 30 anni, i neuroni muoiono in un ritmo incessante. Diminuiscono i neuroni e le sinapsi, così come diminuiscono i livelli di alcune sostanze quali la dopamina e la serotonina, fatto che contribuisce alla perdita di memoria. Talvolta, le amnesie sono il sintomo dell’Alzheimer e di altre demenze”.
Ci sono farmaci per curare queste malattie?
“Attualmente non ci sono medicinali che possano guarire le patologie neurodegenerative. Tuttavia, sono state fatte scoperte e messe a punto importanti strategie per l’Alzheimer, le altre patologie neurodegenerative, l’ictus, i disturbi psichiatrici e il processo di invecchiamento. I farmaci esistenti trattano i sintomi, ma non riescono a fermare la morte delle cellule nervose. In molti laboratori, i ricercatori in Italia e nel mondo continuano a lavorare per cercare di scoprire i segreti e identificare i meccanismi all’origine di queste malattie, allo scopo di sviluppare farmaci per colpire il processo patologico”.
Ha parlato di scoperte e nuove strategie…
“La scoperta rivoluzionaria compiuta dalle nuove neuroscienze negli ultimi anni è la neuroplasticità. E’ il grande talento del cervello, un cervello illimitato, un telaio incantato che tesse e ritesse i suoi fili in maniera incessante. Un organo che ci rende unici e diversi da tutti gli altri esseri viventi. La tesi che ha scatenato la rivoluzione neuroscientifica è che il cervello è in grado di modificare se stesso, di generare nuovi neuroni (neurogenesi) e nuove sinapsi, di continuare a crescere, apprendere, e riorganizzare ogni sua parte in seguito al processo di invecchiamento, ai danni cerebrali e all’ Alzheimer attraverso una molteplicità di stimoli esterni e di esperienze, lungo tutto il corso della vita. Un organo quindi modificabile, flessibile, mutevole. Ogni informazione genera nel cervello un fiorire di neuroni e sinapsi. Più si attivano i sistemi neurali sotto stimolazioni, minore è la possibilità di contrarre una demenza o il morbo di Alzheimer. Eppure, sino a pochi anni fa, nelle Università veniva insegnato che il cervello fosse una macchina fissa e immutabile e che ogni sua parte non potesse essere sostituita o riparata”.
Come combattere l’Alzheimer e l’invecchiamento?
“Un principio fortemente sostenuto dai neuroscienziati è quello di realizzare un ‘ambiente arricchito’ (enriched environment): un ambiente vario e ricco di stimoli di natura cognitiva, emotiva, motoria e sociale. Usalo (il cervello), altrimenti lo perdi (Use ir or lose it). Numerosi esperimenti hanno mostrato che animali, anche con lesioni cerebrali, inseriti in ambienti arricchiti ottenevano modificazioni nella struttura del cervello, un aumento del peso della corteccia cerebrale e miglioramenti più rapidi e consistenti rispetto a quelli tenuti in ambienti normali”.
Programmi e strategie…
“Sono stati elaborati programmi di addestramento (Train the Brain) su persone per contrastare l’invecchiamento e ridurre il rischio di Alzheimer, i quali hanno ridotto il declino cognitivo, cambiamenti nel cervello, sviluppo e aumento delle dimensioni dei neuroni, crescita del cervello, riduzione della perdita di volume della materia grigia, prevenzione delle malattie neurodegenerative e un effetto protettivo contro l’invecchiamento e l’Alzheimer”.
Questi progetti riguardano anche altre malattie?
“Le nuove terapie neuroplastiche- rivela Brunetti- producono notevoli effetti benefici sul corpo e la mente e svolgono un’azione di prevenzione e terapia. Esse si sono dimostrate molto efficaci anche in soggetti colpiti da ictus e in altre tipologie di pazienti. E’ una scoperta che ha aperto la strada ad una concreta possibilità di recupero.
I programmi di training- d’accordo con uno dei migliori neuroscienziati al mondo nel campo della neuroplasticità cerebrale, M. Merzenich- possono avere ‘un’efficacia’ pari a quella dei farmaci nella cura di gravi disturbi psichiatrici, come la schizofrenia, in quanto possono modificare “milioni di connessioni neurali”.
Professor Brunetti, come concludere?
“Il cervello è la struttura più straordinaria e meravigliosa del creato conosciuto. Un organismo illimitato, ma fragile. Espressione della fragilità cerebrale sono infatti le patologie neurodegenerative, le quali sono caratterizzate da ‘una chiara evidenza di declino della memoria e dell’apprendimento. Un declino costantemente progressivo e graduale nella cognizione’ (DSM-5). La sindrome del disturbo neurocognitivo (DNC) include in sostanza un esordio ‘insidioso’ e una ‘graduale’ progressione dei sintomi cognitivi, comportamentali e psicotici.
Un cervello quindi che può frangersi contro i traumi dell’esistenza. L’uomo aspira all’eternità e all’infinito, ma si ritrova ad avere la consapevolezza tragica della sua irredimibile finitezza.
Di qui, l’esigenza di elaborare uno stile di vita, che esprima una felice combinazione di training cognitivo, attività motoria, corretta alimentazione e un pensiero positivo. Sono questi i metodi fondamentali per vivere bene, vivere meglio e vivere più a lungo”.
Ely Bianchi