Chissà se sarà vero che, alle sue origini, il cinema ha rappresentato quella singolare macchina delle meraviglie che ha consentito di ripensare il mondo sulla base della riproducibilità tecnica del movimento. Non solo nell’impressionare su di una superficie in celluloide l’attimo fuggente, ma di ricostruirne la sua forza creatrice.
«Questo non è muoversi, è “muoversi”», avrebbe osservato Samuel Beckett nel suo celebre «whoroscope». Ma che, alle sue origini, la cinematografia non sia stata solo muoversi, ma “muoversi”, sarà stata una questione probabilmente intuita dagli spettatori di una cittadina dell’Abruzzo meridionale come Vasto in quella remota serata del luglio 1897. Appena dopo un anno e mezzo dalla prima proiezione assoluta effettuata dai fratelli Lumière in quella memorabile serata del 28 dicembre 1895 al «Salon indien du Grand Café» di Parigi. C’è da chiedersi: gli epigoni di quell’evento ne potranno avvertire gli echi lontanissimi nell’imminente torrido 18 luglio di 127-129 anni dopo?
Luigi Murolo