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Cinghiali, ecco le nuove reti per la cattura

Sono montabili  e smontabili con estrema facilità e permettono la cattura di più esemplari in una volta sola. Sono le “Pig Brig”, le reti create ad hoc per la cattura dei cinghiali. Il metodo, ritenuto innovativo, è in fase di sperimentazione nel giardino botanico mediterraneo di San Salvo Marina, al centro di una ordinanza firmata il 31 ottobre scorso dalla sindaca Emanuela De Nicolis.

Il provvedimento dispone l’interdizione dell’intera area il giorno di martedì per le attività di cattura, abbattimento e ritiro dei capi previste nel piano triennale di gestione e controllo della popolazione di ungulati nella riserva naturale Biotopo costiero- Giardino mediterraneo.  Il documento è stato redatto dal biologo Fabio de Marinis, lo stesso professionista di cui si sono avvalsi anche i comuni di Vasto e Pollutri. Inoltre San Salvo ha aderito al progetto di ricerca finanziato dalla Regione e presentato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise con il quale è stata stipulata la relativa convenzione. I recinti “Pig Brig” vengono ritenuti moderni ed innovativi sistemi di trappolaggio, ma quello che fa storcere il muso è che gli animali – attirati all’interno con una esca – vengono uccisi sul posto dai selecontrollori.

Come al solito si continuano ad investire risorse su metodi cruenti che prevedono l’abbattimento degli animali e nessuno sforzo viene fatto per applicare quanto previsto dalla legge, cioè i metodi ecologici”, commenta il professor Andrea Mazzatenta, docente alla Università D’Annunzio, “come la possibilità di usare dissuasori per evitare incidenti stradali e repellenti per impedire agli animali di accedere alle colture. L’unica via è quella dell’abbattimento che, soprattutto nelle riserve naturali, è una scelta che non può considerarsi né biologica, né ecologica, né tantomeno condivisibile da qualsiasi altro punto di vista. L’intrappolamento degli animali selvatici, inoltre, provoca stress”, prosegue Mazzatenta, “una volta finito il cibo i cinghiali catturati vorrebbero tornare in libertà e non potendolo fare aumenta lo stress  che porta all’innalzamento del cortisolo, per cui la carne non è commestibile, quindi non può essere utilizzata per scopi alimentari. Il metodo di cattura con l’utilizzo dei recinti è estremamente cruento e violento”, conclude il docente universitario.

Anna Bontempo (Il Centro)

 

 

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