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Abbiamo appena gettato il calendario 2024 e appeso al muro il calendario datato 1° gennaio 2025, ma il Capodanno è sempre stato festeggiato a gennaio? 

Abbiamo appena gettato il calendario 2024 e appeso al muro il calendario datato 1° gennaio 2025, ma il Capodanno è sempre stato festeggiato a gennaio? 

Assolutamente no. Il vecchio calendario romano, che la tradizione fa risalire allo stesso Romolo, era un calendario lunare composto di dieci mesi il cui Capodanno cadeva il 15 marzo, mese della primavera e dunque momento in cui l’intera natura ricomincia un nuovo ciclo vitale.  

Il calendario di Romolo 

Il calendario del fondatore di Roma aveva i primi quattro mesi dedicati alle maggiori divinità legate alle attività umane. Così il primo mese, dedicato a Marte, prese il nome di Martius (dio in onore dell’attività della guerra), seguivano poi aprile (dedicato ad Afrodite, l’amore), Maggio (Maia, la dea della Terra), Giugno (da Giunone, dea della maternità e della procreazione). Gli altri mesi presero il nome della loro posizione sul calendario: quintilis da quinque (quinto mese dell’anno), sextilis da sex (sesto), september da semptem, october da octo, november da novem, december da decem

Come mai solo dieci mesi? Ovidio nell’opera “Fasti” ci dice che Romolo creò il primo calendario avendo a riferimento la durata della gestazione del bambino nel grembo materno. Quindi da dicembre a marzo, per un totale di 61 giorni, il calendario veniva ignorato, perché si riprendeva a contare il tempo dal marzo successivo. 

La riforma di Numa Pompilio 

Il settimo re di Roma nel 713 a.C. aggiunse i mesi di Ianuarius (dedicato a Giano, dio bifronte capace di guardare al passato e al futuro) e Februarius (da februus «purificante», perché presso i Romani era il mese destinato alla purificazione, potremmo paragonarlo alla nostra Quaresima). Nonostante l’introduzione dei mesi di gennaio e febbraio il Capodanno continuava a cadere nel mese di marzo. 

Quando gennaio divenne il primo mese dell’anno? 

Non si sa di preciso, secondo alcune fonti il passaggio avvenne nel 153 a.C. quando si decise che il mese dedicato al dio Giano (termine derivato da ianua, porta, quindi il dio che apre al futuro) diventasse il primo mese dell’anno. 

Il calendario giuliano 

Nel 46 a.C. Giulio Cesare apportò, su calcoli di Sosigene, una serie di modifiche, fissando la durata dell’anno a 365 giorni con l’introduzione dell’anno bisestile ogni quattro anni. In altre parole, fu calcolato la durata dell’anno in 365 giorni e 6 ore. In realtà la vera durata dell’anno è di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46,98 secondi uno scarto di circa 11 minuti che, nel giro di quindici secoli, avrebbe finito per creare importanti discostamenti.  

Sotto Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, il sesto mese divenne Iulius (luglio) dedicato a Giulio Cesare ed il settimo Augustus (agosto), dedicato a lui stesso, perché in questo mese era diventato per la prima volta console e ottenuto grandi vittorie. I restanti mesi continuarono ad avere lo stesso nome, fino ad oggi. 

Il calendario gregoriano

Il calendario giuliano sopravvisse fino al 1582 quando papa Gregorio XIII fu costretto ad intervenire per eliminare lo scarto che si era venuto a creare tra il calendario “umano” e quello astronomico, perché l’equinozio di primavera astronomico anziché cadere il 21 marzo del calendario umano (come era stato stabilito al Concilio di Nicea nel 325 d.C.) cadeva l’11 marzo del calendario umano. In altre parole il calendario umano era in ritardo di 10 giorni rispetto al calendario astronomico. Per riportare la data dell’equinozio al 21 marzo, si stabilì di sopprimere dieci giorni nel mese di ottobre dell’anno 1582; così a giovedì 4 ottobre seguì venerdì 15 ottobre nei luoghi dove il calendario fu subito adottato. Per ridurre però lo scostamento rispetto alla durata dell’anno tropico, venne stabilito di diminuire il numero di anni bisestili all’interno di un ciclo di 400 anni, considerando come non bisestili gli anni multipli di 100 ma non di 400 (cioè 1700, 1800 e 1900 non bisestili, mentre 1600 e 2000 bisestili). Il papa operò questa riforma anche perché il vecchio calendario giuliano aveva finito per entrare in contrasto con il calendario religioso il quale aveva stabilito, sin dal Concilio di Nicea del 325, che la data della Pasqua era fissata per la prima domenica dopo il plenilunio di primavera. 

Il calendario ortodosso

I cristiani ortodossi, che dal 1054 avevano operato il cosiddetto Scisma d’Oriente a seguito del quale non riconoscevano più l’autorità del papa, non adottarono il calendario gregoriano col risultato che la Rivoluzione russa del 1917, detta d’ottobre, in realtà avvenne, secondo il calendario gregoriano, a novembre. Ma se sul piano civile il gap tra calendario gregoriano ed ortodosso fu eliminato con la riforma operata da Lenin che nel 1918 eliminò i giorni compresi tra il 1° ed il 13 di febbraio, sul piano religioso i cristiani ortodossi continuarono e continuano a seguire il calendario giuliano che ad oggi ha accumulato un ritardo di 13 giorni. Quindi il Natale ortodosso si celebra il 7 gennaio anziché il 25 dicembre. Di conseguenza il loro Capodanno cade il 14 gennaio. 

Il calendario rivoluzionario francese

Sulla scia del pensiero illuministico del Settecento, secondo cui la religione ottenebrava le coscienze e si nutriva dell’ignoranza del popolo, con la Seconda rivoluzione francese, quella del 10 agosto 1792 che portò alla nascita della Prima repubblica, si avvertì l’esigenza di una politica di scristianizzazione della società in modo da laicizzare la vita degli uomini e favorire la libertà di pensiero. Quindi, come a suo tempo i cristiani aveva cristianizzato il calendario pagano introducendo feste e ricorrenze religiose, così i rivoluzionari operarono una radicale riforma del calendario, uno strumento con cui tutti gli esseri umani si confrontano quotidianamente. 

Il Capodanno al 22 settembre

Si decise allora di legare il primo giorno dell’anno ad un evento astronomico sostituendo alla religione la natura. Si scelse come data del Capodanno quella del 22 settembre, equinozio d’autunno a Parigi. Accanto a questa motivazione di carattere astronomico se ne aggiunse una di carattere politico. Il 22 settembre del 1792, infatti, era il giorno successivo alla proclamazione della Prima repubblica e dunque l’inizio di una nuova era. Così il nuovo calendario, elaborato nel settembre del 1793, fu utilizzato a partire dal 24 ottobre successivo per restare in vigore per soli 12 anni. 

Quali caratteristiche aveva il calendario rivoluzionario? 

Tre furono i cardini del nuovo calendario francese: scristianizzazione, “naturalizzazione” del tempo, struttura decimale. 

Scristianizzazione. Ai nomi dei santi furono sostituiti i nomi dei frutti, degli animali e degli attrezzi agricoli. Così il 22 settembre fu dedicato all’uva, il 23 allo zafferano, il 24 alla castagna, il 25 al colchico, il 26, che era il quinto giorno, ad un animale in questo caso il cavallo, mentre il decimo giorno ad un attrezzo agricolo in omaggio all’ingegnosità umana, così il 1° ottobre fu dedicato al Tino. 

Naturalizzazione del tempo. Il nome dei mesi furono assegnati in base all’evento naturale che li caratterizzava. Il primo mese, che andava dal 22 settembre al 21 ottobre, venne chiamato Vendemmiaio, mese della vendemmia; a cui seguiva Brumaio, mese della nebbia; Nevoso, mese della neve, e via discorrendo fino ad arrivare a Fruttidoro, mese che dona i frutti, che andava dal 18 agosto al 16 settembre. Il calendario terminava con cinque giorni detti “sanculottidi”, giorni dedicati ai sanculotti parigini. Ogni quattro anni c’era il sanculottide per eccellenza (giorno bisestile). 

Il sistema metrico decimale, che fu creato nel 1791, venne applicato anche al nuovo calendario. Ogni mese era quindi formato da 30 giorni, ogni settimana di dieci giorni, ogni giorno di 10 ore, ogni ora di 100 minuti ed ogni minuto di 100 secondi. 

Limiti e fallimento del nuovo calendario

Il calendario presto mise in evidenza tutti i propri limiti. A differenza dei cristiani che con le loro feste ed i luoghi sacri andarono a sovrapporsi a quelli pagani, già stratificati nella memoria collettiva da secoli e dunque la popolazione non fece altro che sostituire ai festeggiamenti pagani quelli cristiani, i rivoluzionari scelsero, per le proprie feste, giorni completamente nuovi. Per esempio la festa della Dea Ragione fu fissato al 10 di novembre. 

Altro limite importante fu la sostituzione della domenica, giorno del Signore, con il decadì, cioè il decimo giorno di ogni decade. Ciò comportò che in un anno le domeniche, intese come giorno di astensione dal lavoro, passarono da 54 a 36 con grave nocumento per i lavoratori. Questi due errori fecero fallire il calendario perché il popolo continuava a festeggiare le ricorrenze religiose e a riposarsi dal lavoro la domenica. 

Il calendario restò in vigore fino al 31 dicembre 1805. Il 1° gennaio 1806 Napoleone Bonaparte ripristinò il vecchio calendario gregoriano. 

Laura Del Casale 

 

    

 

 

 

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