“Le vecchie generazioni non avevano tutte le possibilità che avete voi oggi, perché fare tante storie?”
Questa la frase che più di un Centennial si è sentito dire, magari anche di frequente.
Alle volte sembra che la parola “possibilità”, essendo sinonimo di libertà e opportunità, sia origine di gioia o, addirittura, felicità. Purtroppo non è così.
Lo sapeva bene il filosofo Søren Kierkegaard, che è vissuto due secoli fa, eppure sotto molti aspetti il suo pensiero è più che mai attuale; probabilmente a breve potremmo vederlo scendere in piazza, a fianco dei numerosi giovani che protestano, per difendere a gran voce il loro punto di vista.
Per Kierkegaard l’angoscia è la “Vertigine” che scaturisce dalla possibilità della libertà. L’uomo sa di poter scegliere, sa di avere di fronte a sé la possibilità assoluta: ed è proprio l’indeterminatezza di questa situazione che lo angoscia. È la possibilità di poter agire, senza però alcuna certezza di ciò che accadrà dopo. Ciò che dà angoscia, dunque, non è la scelta in quanto tale ma i “se…” che si porta dietro come fossero ombre: “E se dovesse andare male? Se dovessi ferire qualcuno? Se gli altri si facessero una cattiva idea di me? Se fosse la scelta sbagliata per il mio futuro? Se dovessi cambiare idea? Di fronte a innumerevoli possibilità, sarà proprio questa la scelta giusta? E poi, fatta questa scelta, me ne aspettano mille altre ancora.” Se, se, se… e poi dubbi, incertezze. Siamo la generazione dei “se…” e dei “tentennamenti” , la generazione delle mille possibilità, anzi facciamo pure mille ed una, i numeri dispari portano fortuna, si sa.
Secondo statistiche pubblicate nello scorso mese di novembre, soltanto il 41% dei ragazzi si sente felice. Il 21% dei giovani ha dichiarato di avvertire ansia, mentre il 20% si dice preoccupato, invece il 6% si sente triste. Ad 1 ragazzo su 2 – si legge nel report – il futuro appare come un qualcosa di davvero oscuro.
Non solo. Una ricerca svolta dal “Centro di psicologia” di Torino ha rilevato che il disagio più profondo dei giovani deriva dall’angoscia delle scelte che andranno a determinare il proprio futuro. Più precisamente in loro vi è l’angoscia di non riuscire a fare le scelte giuste. Il periodo in cui si presenta con maggior intensità l’angoscia della scelta è proprio quello compreso tra la tarda adolescenza e la vita adulta, cioè tra i 18 e i 30 anni, quando si è troppo grandi per sentirsi ancora ragazzini e troppo inesperti per sentirsi adulti. A questo punto un paio di domande sorgono spontanee: Siamo davvero noi giovani il problema? È possibile sfuggire all’angoscia?
Se l’uomo fosse un animale o un angelo, non potrebbe angosciarsi. Poiché è una sintesi, egli può angosciarsi, e più profonda è l’angoscia più grande è l’uomo.
Con questa frase Kierkegaard ci spiega che l’angoscia è categoria umana necessaria, perché umanità significa angoscia, significa preoccuparsi, riflettere ed è caratteristica, appunto, di ogni uomo, a prescindere dall’età. No, non è un pensiero pessimista. Se la frase di Kierkegaard la si legge con più attenzione si comprende che l’angoscia può essere anche virtù come espressione di razionalità, perché siamo esseri razionali ed è normale riflettere sulle conseguenze prima di agire. Il filosofo, inoltre, ci ricorda che siamo tutti umani e, in quanto tali, tutti proviamo angoscia, chi più chi meno, una generazione più o meno dell’altra, chi forse per le poche possibilità, chi invece prova un profondo senso di disorientamento a causa delle troppe.
Anzi Kierkegaard mette in guardia proprio dal pericolo di cadere nel “punto zero”, cioè nello “scegliere di non scegliere” per il timore di sbagliare. Una “scelta” che porta alla paralisi esistenziale, a non vivere ma a lasciarsi vivere, una situazione paradossale in cui non pochi giovane rischiano di cadere.
Allora qual è la soluzione? Per Kierkegaard la soluzione non c’è, persino Dio, fattosi uomo nel Cristo, prova angoscia di fronte all’attesa del tradimento di Giuda. Un’ulteriore dimostrazione che l’angoscia è costitutiva della natura umana.
Se non ci è riuscito Kierkegaard a trovare una soluzione, non potete certamente pretenderla da chi scrive che, in quanto new entry nel mondo delle responsabilità, di angosce ne ha quante tanti altri e meno di tanti altri ancora, però Kierkegaard ha comunque un messaggio per tutti noi che abbiamo paura di fare un salto verso l’ignoto a causa di quella Vertigine…
Gen Z, Millennials o chiunque tu sia ascolta il filosofo:
La certezza, l’abitudine, la prevedibilità uccidono non solo la passione (per mancanza di ostacoli) ma anche il godimento, che è parente della sorpresa. La maturità consiste nella scoperta che arriva un momento critico dove tutto viene ribaltato, dopo il quale il punto diventa quello di capire sempre di più che c’è qualcosa che non può essere capito.
Laura Del Casale
Focus su Kierkegaard
Søren Kierkegaard (1813-1855) è nato e vissuto a Copenaghen. Il suo pensiero filosofico, in
netta contrapposizione all’ottimismo dell’idealismo e positivismo ottocenteschi, è stato poco
considerato fino al termine della Seconda guerra mondiale quando lo scenario di morte e
distruzione calato sul Vecchio Continente rendeva il futuro di milioni di persone oscuro,
incerto, angosciante di fronte alla minaccia atomica e davanti alle scelte che molti furono
chiamati a compiere, prima delle quali trovare una risposta alla domanda: Emigrare o non
emigrare per migliorare le condizioni di vita proprie e della propria famiglia?
Oggi, di fronte alle drammatiche conseguenze legate ai cambiamenti climatici e ai venti di
guerra che tornano a soffiare fortemente in tutto il mondo, il pensiero del filosofo danese
torna ad essere nuovamente attuale e si fa interprete dello stato d’animo della Generazione
Zeta, la generazione dei giovani di oggi che provano angoscia di fronte alle scelte che li
aspettano ma anche davanti al dilagare della irrazionalità e dell’odio che minacciano la
sopravvivenza dello stesso genere umano. (LDC)