L’anomalìa del Carnevale vastese
A Vasto non c’è una grossa tradizione del Carnevale, a differenza per esempio della vicina Francavilla Al Mare dove quest’anno si festeggia la 70* edizione del Carnevale d’Abruzzo famoso in tutta Italia.
Non solo. Nella nostra città il Carnevale è sì una festa sentita, ma perlopiù limitata al solo “Martedì grasso” che, in realtà, è il giorno conclusivo della nove giorni carnacialesca. Infatti il Carnevale comincia la domenica che precede le nove domeniche prima di Pasqua, quest’anno dunque è cominciato domenica 23 febbraio; ha raggiunto il culmine “Giovedì grasso”, nel nostro caso 27 febbraio, per concludersi appunto oggi, 4 marzo, “Martedì grasso”.
A Milano il periodo carnacialesco si protrae fino al sabato successivo allungandosi così di ben quattro giorni, nella cittadina marchigiana di Offida i festeggiamenti per il carnevale iniziano addirittura a metà gennaio e proprio quest’anno la tradizione ha visto compiersi il suo cinquecentunesimo compleanno.
Le origini del nome
Su Wikipedia leggiamo:
Secondo la più accreditata interpretazione la parola ‘carnevale’ deriverebbe dal latino carnem levare (“eliminare la carne”), poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di Carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.
Il termine dunque è di origine cristiana, mentre feste similari nell’Antica Roma e nella Grecia Classica, da cui è derivato il nostro Carnevale, avevano, come vedremo, altri nomi.
Le origini della festa
Questa festa è il solo lascito del calendario pagano, ovvero l’unica festa rimasta tale, senza cioè che le festività cristiane gli si andassero a sovrapporre come accaduto, per esempio, col Natale, che si è sovrapposto alla festa pagana del Solis invictus (Sole invitto, cioè Sole mai sconfitto perché dal 25 dicembre le ore di luce, determinate dalla presenza del Sole in cielo, riprendono ad aumentare) o l’Assunzione di Maria Vergine (Santa Maria per i vastesi) che si è sovrapposto alle Feriae augusti (“Riposo di Augusto”, da cui il nostro Ferragosto).
Le origini del Carnevale risalgono, infatti, ai Saturnali latini e alle feste dionisiache greche.
I Saturnali
Nell’Antica Roma una festa simile alla nostra si celebrava però dal 17 al 23 dicembre di ogni anno in onore del dio Saturno perché si favoleggiava che fosse il dio dell’Età dell’Oro quando l’umanità tutta viveva nell’abbondanza e nell’uguaglianza. In questo periodo, infatti, veniva eliminata ogni differenza sociale, persino tra gli schiavi ed i padroni. Questi ultimi, addirittura, imbandivano banchetti proprio per farvi partecipare i loro servi. Erano appunto giorni di abbondanza di cibo e di sfrenatezze fino alla consumazione di vere e proprie orge. Non solo. Era concesso giocare a dadi, vietato nel resto dell’anno, fare scherzi e non pensare alle proprie responsabilità lavorative e famigliari. Da qui il proverbio latino “Semel in anno licet insanire”, “Una volta l’anno è lecito impazzire”.
Le Dionisie
Erano le feste in onore del dio Dioniso (Bacco per i Romani) che si celebravano nei mesi di marzo-aprile, dunque feste primaverili. In queste giornate ad Atene venivano momentaneamente liberati i carcerati, venivano coinvolti i cittadini stranieri e, come a Roma, la notte si banchettava con abbondanza di cibo, vino e orge. A differenza dei Saturnali, però, le Dionisie avevano anche un carattere culturale in quanto vi erano importanti rappresentazioni teatrali come le tragedie, le commedie e i canti corali.
Perché ci si maschera?
La tradizione di mascherarsi nelle feste risale all’antico Oriente. Secondo Apuleio tale usanza fu importata a Roma dall’Egitto dove, in onore della dea Iside, era frequente la presenza di gruppi mascherati. La maschera, inoltre, svolgeva una funzione “sociale” nei Saturnali perché i ricchi e poveri o maschi e femmine non si distinguevano tra loro e ciò era in linea con quella uguaglianza tra gli esseri umani tipica dell’Età dell’Oro.
La tradizione moderna delle maschere di pregio risale però alla Repubblica di Venezia dove sin dal 1271 vi sono documenti che attestano la produzione di maschere di Carnevale. Ben presto i Comuni italiani più importanti finirono per avere tipiche maschere proprie che divennero personaggi simbolo di vizi e virtù umane finendo per essere i protagonisti della Commedia dell’Arte. Parliamo di Pulcinella a Napoli (ribelle e irriverente, ma anche goffo, buffo e pigro), Arlecchino a Bergamo, il cui vestito era stato cucito dalla madre poverissima con stoffe rimediate di colore diverso, che incarna lo spirito cafonesco e apparentemente sciocco. Per quanto riguarda il genere femminile, a Venezia abbiamo Colombina simbolo della servetta vivace, graziosa e furba.
Il significato “filosofico-esistenziale” del Carnevale
A Carnevale, sin da bambini, ci si traveste per diventare ciò che si desidera essere. Anche in età adulta, almeno per un giorno, è bello sognare di essere una persona diversa da quella che, una volta bruciati tutti i sogni infantili, si è diventati nella vita di tutti i giorni. Una fuga dunque dalla propria condizione socio-esistenziale che è poi alla radice di questa antichissima festa nata per ritornare a quella mitica Età dell’Oro dove, come si è detto, gli uomini vivevano in pace, nell’abbondanza e nell’uguaglianza.
A questo proposito concludiamo con un brano del 1984 di Renato Zero dal titolo “Per non essere così”, una canzone che incarna l’insoddisfazione e l’alienazione dell’uomo contemporaneo alla ricerca di un proprio Carnevale per non morire dentro.
Il cantautore romano, come si può vedere in foto, è stato rappresentato su un carro per la 68* edizione del Carnevale d’Abruzzo (2023). Nell’occasione il cantautore romano ha scritto su Facebook: “La mia maschera mi rappresenta sempre egregiamente... Non è un gioco il Carnevale”, citando appunto il brano che qui di seguito riportiamo.
Laura Del Casale
Anche l’ultima prodezza va
Non è un gioco il carnevale
Mi scelsi un abito, provai ad essere diverso
Per non essere così
Dio, come sono ridicolo
Quando tento di piacere
Se mai mi nutrirò di fantasie per non morire
Per non essere cosi
Un desiderio a metà
Un’altra volta realtà
Senza più una bugia
Io sul filo in equilibrio
Guai se io guardassi giù
Guai se mi tradissi
Se tu leggessi paura
Paura di me
Di questo vuoto che c’è
Quando lo smalto va via
Sarò l’ombra di nessuno
Ancora un’ombra senza età
Coltiverò i miei dubbi
Rabbia ed ingenuità
Amerò la gente come me
Che ogni volta cambia pelle
Che un giorno è sull’asfalto
Un altro giorno è fra le stelle
Per non essere così, così, così
Siamo qui impazienti, siamo qui
Aspettando un carnevale
Che si risvegli ancora quella voglia di tentare
Per non essere cosi
Un desiderio a metà
Quante altre volte realtà
Coraggio, non andar via, via
Paura
La stessa
Paura
Non passa
Quando io sul marciapiede
Chiedo amore e invece tu
Apri il portafoglio
E paghi quell’ora in più
Ambiguo
Diverso
Perverso
E adesso, come mi vuoi?
Più donna?
Più uomo?
Non tremo
Adesso decido io
Quale sarà il ruolo mio
Hai paura?
Tenta la sorte!
O preferisci la morte?
In foto Renato Zero rappresentato su un carro di Francavilla al Mare nella 68° edizione del Carnevale d’Abruzzo.