25 aprile. E’ la data che, convenzionalmente, segna la fine della Seconda guerra mondiale in Italia a seguito della cacciata dei nazi-fascisti. In realtà in questo giorno del 1945 ci fu la liberazione di Milano e Torino, le ultime grandi città a cacciare le truppe tedesche che però abbandonarono il suolo italiano solo il 1° maggio, una settimana prima della resa incondizionata firmata a Berlino. Una guerra che costò all’Italia, secondo le cifre del Ministero della Difesa, 319.207 vittime, tra morti e dispersi.
Dato che del 25 aprile si parla abbondantemente ogni anno su tutte le testate giornalistiche e in modo particolare quest’anno a seguito della “sobrietà” raccomandata dal ministro Musumeci, noi vogliamo ricordare il 28 aprile, giorno della esecuzione di Benito Mussolini, ripercorrendo in breve le tappe della sua parabola politica.
1914-1922: dalla cacciata dal Partito Socialista alla Marcia su Roma.
I fasci di combattimento
Mussolini aveva partecipato con dedizione alle attività del Partito Socialista Italiano fino a diventare direttore de “L’Avanti”, l’organo stampa del partito, prima di esserne espulso per le sue posizioni interventiste relativamente alla Prima guerra mondiale. Nel 1919 Mussolini fondò quindi un suo partito dal nome “Fasci di Combattimento” illustrandone a Milano, in piazza San Sepolcro, il programma politico, che potremmo definire “rivoluzionario” visto che prevedeva l’instaurazione di una repubblica, il voto alle donne, l’abolizione del Senato in quanto espressione della nobiltà, una riforma agraria, la tassazione progressiva sui patrimoni, la partecipazione degli operai agli utili societari.
Nel 1919 i “Fasci di combattimento” parteciparono alle elezioni politiche senza però riportare alcun seggio in Parlamento proprio a causa di questo programma rivoluzionario.
Il Biennio rosso e le squadre fasciste
Gli anni che vanno dal 1919 al 1920 sono passati alla storia come il “Biennio rosso”, vale a dire un periodo di scioperi e occupazioni di fabbriche e terre che lasciavano presagire anche in Italia una rivoluzione sul modello bolscevico. In questi anni Mussolini creò le sue squadre fasciste (squadrismo) che si distinsero nel combattere, anche con le armi, sindacati e partiti di sinistra guadagnandosi le simpatie della borghesia tutta, da quella di bottega ai grandi gruppi industriali. Uno degli episodi più eclatanti fu la strage di Palazzo d’Accursio a Bologna quando, a seguito delle elezioni amministrative del novembre 1920, squadristi fascisti attaccarono una folla che si era radunata sotto il Palazzo per l’insediamento della nuova giunta comunale che, per la prima volta, aveva visto vincere un sindaco socialista. Il bilancio fu di 11 morti ed una sessantina di feriti. Quella Giunta non si insediò mai perché fu nominato un commissario prefettizio. Mussolini e le sue squadre avevano vinto e dimostrato la loro capacità di deterrenza nei confronti dei “rossi” fino a ribaltare un risultato elettorale.
L’ingresso in parlamento e la nascita del Partito Nazionale Fascista
Per le elezioni del maggio 1921, Giolitti aveva dato luogo ad una lista, in chiave anti social-comunista, che raggruppava i partiti nazionalisti, dai liberali conservatori ai fasci di combattimento di Benito Mussolini. Questo blocco entrò in Parlamento con 105 deputati, tra cui 35 fascisti con a capo il futuro duce. Sei mesi più tardi, Mussolini cambiò il nome al suo partito in “Partito Nazionale Fascista (PNF)” eliminando ogni reminiscenza socialista espressa nel programma di San Sepolcro accreditandosi così come un partito conservatore e garante dell’ordine costituito. Infatti il nuovo programma politico abbandonava la pregiudiziale repubblicana, prevedeva l’instaurazione di uno Stato forte, l’abolizione del diritto di sciopero nei servizi pubblici e la loro privatizzazione, in particolare poste e telefoni.
La Marcia su Roma
Per comprendere come si arrivò al colpo di Stato fascista, dobbiamo partire dallo sciopero generale indetto il 1° agosto 1922 dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGIL) dopo un’estate contrassegnata da altri scontri di piazza che fecero di nuovo aleggiare lo spettro di una rivoluzione bolscevica. Per questo Mussolini decise di far convergere sulla capitale, il 28 ottobre, le sue camicie nere con un doppio intento: da un lato dimostrare ai social-comunisti la forza dello squadrismo fascista, che non avrebbe permesso un secondo “Biennio rosso”, dimostrando pure che le sue azioni avevano largo consenso nel Paese; dall’altro convincere il re Vittorio Emanuele III a vedere in lui l’uomo forte capace di garantire l’ordine costituito. Le previsioni del futuro Duce, che non partecipò alla Marcia in attesa a Milano dell’esito dell’impresa, furono esatte. Il re, infatti, rifiutò la richiesta del presidente del Consiglio Facta di proclamare lo Stato d’assedio al fine di inviare l’esercito regio a fronteggiare le camicie nere. Il re non firmò per due motivi: 1) Mussolini si era dimostrato l’unico capace di fronteggiare concretamente, grazie all’uso della violenza squadrista, le forze social- rivoluzionarie dichiaratamente repubblicane; 2) Temeva che un suo ordine non fosse eseguito dall’esercito che aveva forti simpatie nei confronti del fascismo rischiando così di perdere ogni autorità facendo nei fatti decadere il potere monarchico.
Il 31 ottobre Vittorio Emanuele III chiamò quindi Mussolini per formare il nuovo governo.
1922-1926
Dal governo di coalizione alle Leggi fascistissime
Il primo governo Mussolini fu un governo di coalizione, vi fecero parte i liberali, i cattolici, autorevoli rappresentanti dell’esercito come il generale Armando Diaz, e appunto i fascisti. Da subito Mussolini mostrò la sua arroganza con il famoso “Discorso del bivacco” rivolto al Parlamento, in poche parole disse che avrebbe potuto scioglierlo d’autorità ma che non lo aveva fatto, almeno fino a quando non lo avesse ritenuto necessario.
Le elezioni del 1924, che portarono il Partito fascista al 65% dei consensi grazie a brogli e forti intimidazioni ma anche al consenso reale che era riuscito a creare nelle borghesia tutta, segnarono la svolta autoritaria, a cominciare dal rapimento e uccisione del socialista Giacomo Matteotti che aveva denunciato in Parlamento quelle elezioni truccate.
Forte della schiacciante maggioranza parlamentare, tra il 1925 ed il 1926, Mussolini emanò le Leggi fascistissime con cui si sopprimeva la libertà di stampa e sindacale; furono sciolti i partiti d’opposizione, fu istituito il “Tribunale speciale per la difesa dello Stato” e, da lì a poco, sarebbe stata istituita l’OVRA (Opera per la Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo) insieme all’allargamento dei poteri del governo a spese del parlamento.
I Patti Lateranensi (11 febbraio 1929)
Alla ricerca del consenso popolare nel Paese, con un’abile mossa politica Mussolini si accreditò come pacificatore nel conflitto tra Stato e Chiesa apertosi il 20 settembre 1870 quando i bersaglieri posero fine al potere temporale della Chiesa inducendo papa Pio IX a scomunicare il nuovo Stato unitario. Eliminare questo conflitto avrebbe significato per il duce ottenere l’appoggio della Chiesa, una Chiesa che, all’epoca, aveva ancora ampia capacità di condizionamento sulle coscienze dei fedeli.
Il Concordato prevedeva la istituzione di un piccolo ma simbolico Stato della Chiesa (Città del Vaticano), un forte risarcimento economico da parte dello Stato italiano per quanto confiscato alla Chiesa con le leggi Siccardi del 1850, e poi estese al nuovo Regno d’Italia, l’insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole statali e valore civile al matrimonio religioso. Lo Stato italiano così si trasformò da aconfessionale in uno Stato cattolico.
L’Impero e l’alleanza con Hitler (1936 – 1939)
Il sogno mussoliniano era quello di riportare l’Italia ai fasti dell’antica Roma da cui riprese infatti il fascio littorio consolare, l’aquila imperiale ed il saluto romano. Mancava dunque un impero. Nel 1935, approfittando di alcune scaramucce nei possedimenti italiani in Somalia ed Eritrea, invase l’Etiopia e, dopo mesi di aspri combattimenti durate i quali il generale Graziani utilizzò anche armi chimiche messe al bando internazionale, nel maggio 1936 Mussolini annunciò la vittoria proclamando la nascita dell’impero dell’Africa Orientale Italiana (IAOI) comprendente appunto Somalia, Eritrea ed Etiopia. Il 24 ottobre dello stesso anno, si costituì l’Asse Roma-Berlino, un patto di amicizia, non ancora militare, ma di grande valore politico perché segnò l’avvicinamento tra Italia e Germania che, con il Patto d’Acciaio del maggio 1939, si sarebbe trasformata in una vera e propria alleanza militare seguita all’annessione dell’Austria da parte della Germania e alla conquista dell’Albania da parte dell’Italia.
“Un pugno di morti per sedere al tavolo dei vincitori” (10 giugno 1940)
La guerra-lampo di Hitler stava avendo successo. Ai primi di giugno del 1940, cioè ad appena nove mesi di distanza dall’inizio del conflitto, le truppe tedesche avevano conquistato parte della Polonia, l’Olanda, la Danimarca, la Norvegia, il Belgio e invaso la Francia la cui capitale sarebbe caduta il 22 giugno. Mussolini credeva che la guerra era sul punto di finire e temeva di restare “a bocca asciutta”. Alla sua famosa frase, detta ai suoi gerarchi, seguì la dichiarazione di guerra ad una Francia già vinta, attirandosi il disprezzo del consesso internazionale. L’Italia, impreparata ad una guerra moderna, finirà per diventare una zavorra per la Germania nazista che più volte dovette intervenire, come in Grecia, a sostenere le nostre truppe in seria difficoltà.
Il Gran Consiglio del Fascismo sfiducia Mussolini (25 luglio 1943)
Il 10 luglio le truppe anglo-americane, dopo aver liberato l’Africa del nord, sbarcarono in Sicilia cominciando una lunga risalita destinata a durare 21 mesi. Era ormai chiaro quale sarebbe stato l’esito della guerra il cui corso si era invertito dopo la vittoria dell’Armata Rossa a Stalingrado contro le truppe tedesche (2 febbraio 1943). Per questo motivo il supremo organo del Partito Fascista sfiduciò il duce decretandone l’arresto presso l’albergo di Campo Imperatore sul Gran Sasso d’Italia. Capo del governo divenne il maresciallo Pietro Badoglio che subito si attivò per ottenere una pace separata con gli Alleati anglo-americani, nonostante l’annuncio della continuazione della guerra al fianco dei tedeschi.
La prigionia sul Gran Sasso e l’Operazione Quercia (12 settembre 1943)
Gli alleati pretesero ed ottennero dall’Italia una resa incondizionata che fu firmata a Cassibile (frazione di Siracusa) il 3 settembre con l’impegno, da parte alleata, di tenerla segreta per evitare feroci ritorsioni da parte dei tedeschi. Tuttavia, come era logico, gli Alleati resero pubblica la notizia dell’armistizio l’8 settembre.
Il 12 settembre Hitler fa scattare l’Operazione Quercia, finalizzata a liberare il duce. L’operazione riuscì con successo anche se le foto della liberazione di Mussolini sono molto eloquenti circa lo stato d’animo del fascista. Egli aveva infatti compreso che stava per diventare un fantoccio nelle mani di Hitler che lo costrinse a creare un nuovo Stato.
A capo della Repubblica Sociale Italiana (23 settembre 1943 – 25 aprile 1945)
Il 23 settembre nacque così la RSI, Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di Salò, dal nome della cittadina sul Lago di Garda scelta come capitale. Il nuovo Stato aveva per confini al nord le Alpi e a sud quella che sarebbe presto diventata la Linea Gustav “Cassino-Ortona”. A capo del governo andò Mussolini che, però, era diventato un burattino nelle mani di Hitler. Il nuovo Stato ebbe una vita brevissima, 19 mesi, e diventò teatro della guerra civile tra italiani-partigiani ed italiani-repubblichini, quest’ultimo come appellativo dispregiativo per indicare i giovani e giovanissimi che si schierarono dalla parte dei nazi-fascisti.
L’epilogo: da piazza San Sepolcro a piazzale Loreto. Milano: alfa e omega del fascismo.
Il 28 aprile a Musso, vicino Dongo in provincia di Como, Mussolini, sebbene fosse travestito da soldato nazista, venne riconosciuto dal partigiano Giuseppe Negri che subito informò dell’importante scoperta il vice-comandante di brigata Urbano Lazzaro. L’ex duce era diretto in Svizzera o in Germania insieme ad altre colonne tedesche in ritirata. Fu subito passato per le armi insieme alla sua amante Claretta Petacci e ad altri gerarchi della Repubblica di Salò. Il giorno dopo i loro corpi furono calpestati e appesi a testa in giù a Milano nel Piazzale Loreto, dove il 10 agosto 1944 erano stati uccisi quindici partigiani, a seguito di un attentato compiuto ad un camion tedesco, e i loro cadaveri oltraggiati ed esposti al pubblico.
Così se tutto era cominciato a Milano nel 1919, quando Mussolini espose il suo programma in piazza San Sepolcro, tutto finì a Milano nel 1945 quando il suo corpo fu esposto al pubblico ludibrio.
Laura Del Casale