Ci sono romanzi che non offrono consolazione, ma che restano nella memoria proprio per la loro capacità di mettere il lettore di fronte a ciò che spesso si preferirebbe non vedere. Sangue marcio di Antonio Manzini è uno di questi. Pubblicato per la prima volta nel 2005, è tornato in libreria in una nuova edizione dopo anni di irreperibilità. Chi conosce Manzini per il vicequestore Rocco Schiavone resterà colpito dalla natura più oscura, drammatica e psicologicamente tagliente di questo suo romanzo d’esordio. La storia si svolge a L’Aquila, in un’Italia di inizio anni Duemila attraversata da un senso di disillusione e inquietudine. La città è sconvolta da una serie di omicidi misteriosi: le vittime vengono ritrovate nude, con un sacchetto in testa e nessun segno evidente di violenza.
Ma ogni corpo reca un messaggio inciso nella carne, un particolare macabro che parla di un’ossessione, forse di una vendetta. A indagare è Massimo, commissario di polizia dalla vita tormentata, affiancato dal fratello Pietro, giornalista di cronaca nera. I due non si vedono da anni, separati da un trauma familiare mai superato: il padre fu arrestato per reati sessuali quando loro erano bambini, e la madre, incapace di reggere il peso dello scandalo, si tolse la vita. Da allora, il silenzio e la distanza hanno fatto da scudo a un dolore mai elaborato. Il ritorno del passato, la violenza inspiegabile dei delitti, l’indagine che si muove su più livelli – personale, sociale, esistenziale – sono gli elementi che tengono insieme una narrazione tesa, a tratti claustrofobica. Non c’è il ritmo serrato del thriller da intrattenimento, né l’ironia che caratterizzerà le opere successive di Manzini. Sangue marcio è un noir puro, psicologico, che scava nella materia oscura dell’animo umano senza edulcorazioni.
La scrittura è asciutta, densa, volutamente spoglia di abbellimenti. Ogni frase ha il peso della realtà. I dialoghi sono secchi, a volte taglienti, e contribuiscono a costruire un clima di disagio e tensione. Non c’è spazio per la speranza facile, né per finali concilianti: Manzini affronta il tema della colpa, della vergogna e della memoria con uno sguardo lucido, quasi chirurgico. Consigliato a chi ama il noir più autentico, quello che non cerca effetti speciali ma affonda nei meccanismi interiori dei personaggi. A chi vuole scoprire un Manzini diverso, più ruvido e spigoloso, ma già pienamente padrone della materia narrativa. E a chi è disposto a leggere una storia che lascia inquieti, ma profondamente coinvolti. Sangue marcio è un romanzo che fa male, ma nel miglior senso possibile.
Allegra Linnea Amicarelli
Consiglio di lettura
Sangue marcio
Autore: Antonio Manzini
Pagine: 224
Casa editrice: Piemme