Ignazio Silone, il cui vero nome è Secondo Tranquilli, nacque a Pescina dei Marsi, in provincia di L’Aquila, il 1°maggio 1900.
Lo pseudonimo
Lo pseudonimo era stato ripreso da Poppedius Silo che era il capo della resistenza dei Marsi contro Roma, dunque simboleggiava l’indipendenza. Il nome “Ignazio”, come disse lo stesso scrittore, fu inserito “Al fine di battezzare il cognome pagano”.
La vita
Ignazio ebbe un’adolescenza difficilissima. I suoi genitori morirono entrambi nel terribile terremoto del 1915 ed egli fu trasferito in un collegio religioso di Reggio Calabria dove proseguì gli studi liceali anche se fu da questi distratto dalla passione politica che lo accompagnerà per tutta la vita. Fu così che nel 1917 si unì ai socialisti diventando una sorta di corrispondente del giornale “L’Avanti” a cui inviava articoli nei quali denunciava i ritardi e le malefatte del Genio Civile nei lavori di ricostruzione post-sismico.
L’impegno e la delusione politica
Nel 1921, al Congresso di Livorno del Partito Socialista, Silone sposò la linea politica scissionista dell’ala rivoluzionaria del partito che diede luogo alla nascita del Partito Comunista d’Italia (PCdI), d’ispirazione filo-sovietica.
Nel 1927, dopo essere stato denunciato per due volte al Tribunale fascista per la difesa dello Stato, si recò a Mosca per partecipare alla Internazionale Comunista che preparò l’espulsione dal Partito Comunista Sovietico di Trotzki, Bucharin e Zinoviev ad opera di Stalin.
Egli fu dunque il primo a capire quello che era lo stalinismo ed il primo a denunciarne i metodi totalitari, motivo per cui decise di staccarsi dal PCI all’interno del quale fu subito additato come un traditore. Egli dunque si trasferì in Svizzera e nell’ottobre 1944 rientrò in Italia ravvicinandosi al Partito socialista fino a diventare il direttore de “L’Avanti” e ad essere eletto all’assemblea Costituente nel 1946.
Nel 1948 rifiutò la candidatura per le elezioni politiche e lasciò anche la direzione dell’Avanti. Scrisse sul giornale da lui fondato “Europa socialista”: “Le vicissitudini di questo dopoguerra hanno decisamente contribuito ad accentuare la mia diffidenza verso i partiti e hanno chiarito i miei convincimenti libertari.” Nel corso degli anni ebbe altre esperienze partitiche ed istituzionali, sempre deludenti, fino ad arrivare alla conclusione che “Il vero posto dello scrittore è nella società e non nelle istituzione dello Stato”.
Le opere più significative
Ecco occorre partire da qui per capire quello che divenne, come lui stesso si definì, “Un socialista senza partito ed un cristiano senza chiesa.” Un uomo che nei suoi romanzi attuò un’analisi per far comprendere le dinamiche socio-economiche che portano all’instaurarsi di una dittatura (La scuola dei dittatori – 1938 nell’edizione svizzera e 1962 in Italia); lo sfruttamento dei contadini marsicani, fondato sull’ignoranza di questi ultimi, e sull’arroganza e le malefatte del potere fascista (Fontamara – 1933, romanzo che ebbe un notevole successo con il raggiungimento dei due milioni di copie stampate in 28 lingue, persino in esperanto e in afrikaanse); la corruzione della Chiesa, il culto del potere da parte degli ecclesiastici ed il tradimento del messaggio evangelico (L’avventura di un povero cristiano – 1968); infine la negativa esperienza nel PCI, un partito-chiesa come lo definì, in cui ogni dissenso era represso e la libertà solo una parola vuota (Uscita di sicurezza – 1965, ampliato nel 1968 con il capitolo La sfinge del benessere in cui traccia un’analisi brillante e profetica di ciò che era il nascente consumismo, da lui definito “Il nuovo oppio dei popoli”).
Un grande abruzzese perlopiù ignorato.
Nonostante egli abbia narrato dei totalitarismi del Novecento, nonostante fosse stato tra i primissimi a denunciare i crimini stalinisti dall’interno del PCI, sebbene mise in guardia dalla naturale propensione dei partiti ad occupare ogni posto di potere all’interno della società e a rimarcare come la Chiesa fosse struttura di potere piuttosto che portatrice del messaggio evangelico, Silone continua a non essere presente nei libri scolastici e laddove gli si dedicano poche righe, risulta essere uno di quegli autori “da saltare” per mancanza di tempo. Invece, come abbiamo visto, la produzione letteraria del Pescinese non ha nulla da invidiare a quella di Gabriele d’Annunzio, due abruzzesi con sensibilità diverse. Il primo è il cantore degli umili e combattente per la libertà e la giustizia sociale, il secondo quello dei super-uomini, salvo precipitare, nell’ultima fase della vita, in una poetica dal sapore squisitamente leopardiano.
Silone si spense il 22 agosto 1978, noi, in queste righe, abbiamo l’intenzione, speriamo non velleitaria, di spingere tutti, in principal modo gli abruzzesi, a riscoprire un conterraneo che ci ha messo in guardia sui limiti della democrazia e la sua perenne esposizione ai pericoli di una deriva autoritaria oltre ai rischi che si celano dietro il benessere ed il consumismo. Tutti temi, ahinoi, di nuovo attuali.
Laura Del Casale