mercoledì, Luglio 16

Ieri, a Vasto, il convegno “Dante e gli archetipi planetari”

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Ieri 11 luglio si è tenuto presso lo studio olistico “aMati” a Vasto l’incontro “Dante e gli archetipi planetari”. Curatore dell’evento è stato Gabriele Verratti originario di Casoli, vive a Vasto da tre anni. Dopo la laurea in lettere classiche presso Università cattolica di Milano, ha lavorato a lungo nel mondo della moda, collaborando in particolare con “Grazia.it” e “Icon Panorama”, ha inoltre fatto parte del team Mondadori. Dopo aver insegnato per tre anni alle scuole medie, si appresta ora a passare alle scuole superiori. Verratti da sempre appassionato di esoterismo e astrologia classica, si è formato sotto la guida di Giuseppe Bezza e racconta come questo interesse lo abbia condotto a una riscoperta dei testi antichi, a partire dal Tetrabiblos di Tolomeo, seguendo il percorso evolutivo dell’astrologia attraverso i secoli. Ha poi deciso di offrire una lettura non convenzionale di Dante regalando agli spettatori un volto inedito del poeta e della sua opera più famosa: La Divina Commedia. 

Restituire Dante al suo tempo

La Divina Commedia è da sempre considerata, perlomeno nell’immaginario comune, l’epos cristiano per eccellenza, “se scritta da un guelfo non poter essere altrimenti” si potrebbe pensare; tuttavia Ugo Foscolo a distanza di secoli definisce Dante “ghibellin fuggiasco”, evidenziando come il poema presenti alcune sfumature e interpretazioni del poeta che si discostano dalla dottrina cristiana ufficiale. Del resto, la dicotomia di Alighieri era ben nota anche ai suoi contemporanei, tanto che non esitavano ad evidenziare la presenza di un suo lato oscuro, oltre che arrogante: Galeazzo Visconti lo definì “negromante e stregone”. In particolare, sono evidenti le influenze dell’ermetismo (insieme di dottrine esoteriche), dell’astrologia considerata dal fiorentino stesso la disciplina più importante e determinante per il suo lavoro e dell’alchimia. Il settenario planetario di Dante ha un ordine estremamente rigoroso ed ogni pianeta ha influenza diversa su Inferno, Purgatorio e Paradiso. Pensando all’epoca in cui visse Dante, è spontaneo chiedersi se tutte queste pratiche fossero consentite. In realtà, era possibile praticare l’astrologia, ma solo quella considerata “naturale”, che trovava riconoscimento anche in ambito medico, era invece proibito usare l’astrologia per fare pronostici o predizioni sul futuro;  lo stesso Virgilio, guida di Dante, al quale si attribuiva un’appartenenza al neopitagorismo, era considerato al pari di un negromante. 

L’alchimia 

Nel Medioevo la figura dell’alchimista era molto popolare. Presenti anche nell’Inferno dantesco accanto ai falsari, queste figure vengono punite con la lebbra, di fatti secondo le credenze dell’epoca, ogni metallo era in realtà oro ricoperto da impurità e compito dell’alchimista, era purificarlo per riportarlo all’originario splendore. I dannati danteschi hanno fallito questa missione, sono una sorta di “iniziati” a metà, Dante  al contrario compie il percorso iniziatico autentico: trasforma nuovamente il piombo in oro, da materia lui stesso si fa spirito, si fa Dio tornando all’origine.

Saturno: l’archetipo dell’alchimia 

“Saturno” o “Crono” per i Greci è il titano che detronizzò il padre Urano per porre fine alla sua tirannia. In seguito per paura di perdere il potere, cominciò, spietato, a divorare i figli appena nati. Allora, sua moglie Rea per salvare il figlio Zeus fece mangiare a Saturno una pietra ingannandolo, quest’ultima in alcune tradizioni esoteriche e alchemiche viene associata alla pietra filosofale. Da un lato, per Virgilio, il pianeta di Saturno rappresenta l’età dell’oro, dall’altro, per i Greci, questo pianeta porta con sé il peso di una brutta fama proprio per il mito appena raccontato. Saturno è anche associato alla nigredo, la prima fase dell’opus alchemicum, in cui la materia (sia fisica che psichica) viene dissolta e “putrefatta” per rinascere. Analizzando l’influenza di Saturno in Inferno, Purgatorio e Paradiso, possiamo notare come questo pianeta sia effettivamente l’archetipo dell’alchimia. Nell’Inferno ritroviamo l’influenza saturnina nelle ultime due cantiche, in particolare il conte Ugolino è l’ impersonificazione di Saturno: l’essere immerso nel ghiaccio, la fame che l’accompagnava al momento della morte e della commissione del peccato. Lo stesso cranio che si trova a mordere, è un rimando alla dottrina esoterica della Melothesia: al pianeta Saturno corrisponde lo scheletro. In queste cantiche, è notevole il rapporto tra uccisioni e cibi o banchetti. In purgatorio è Catone ad impersonificare Saturno, non solo per i tratti somatici ma anche per l’utilizzo spietato della ragione e per la sua freddezza. L’unica cosa che si oppone alla frase della scena è un giunco simbolo dell’iniziato, con questo Dante si cingerà la vita. L’influenza saturnina compare in paradiso nel momento in cui attorno a Dante Beatrice piomba un profondo silenzio.  Qui conosciamo il Saturno aureo, ormai il piombo è diventato oro, gli ambienti freddi e secchi ostini alla vita si scaldano. Al frate che aveva avvelenato i suoi commensali, tradendoli, si contrappongono i fondatori degli ordini monastici ligi e obbedienti, alla chiusura della prigione di Ugolino, si contrappone la chiusura positiva del monastero.

Continui parallelismi tra negativi e positivi vanno a concludere ed evidenziare il processo di purificazione. Per lungo tempo, a discapito di quanto si possa credere, quest’opera è stata criticata, e la sua circolazione limitata, ad esempio nell’epoca dell’illuminismo francese. L’opera mostra influenze neoplatoniche, aristoteliche, arabe ed anche ermetiche, sebbene non ci siano certezze sul coinvolgimento dell’autore in pratiche occulte o alchemiche, è possibile affermare che queste gli erano note. Questo incontro ha voluto riportarlo al suo tempo, oltre l’immagine di semplice cavaliere dell’epos cristiano.

Laura Del Casale

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