È difficile trovare, non solo nel Mezzogiorno ma nell’Italia intera, una conca intermontana così densa di storia come il Fucino. Da qualunque versante dell’agire umano lo si consideri: tecnico-ingegneristico, artistico-letterario (oltre a Silone vari altri scrittori), politico-sociale, agricolo-industriale. Al centro di progettazioni ardite e avveniristiche fin dall’antichità, l’ingegneria idraulica del XIX secolo, su iniziativa dei Torlonia, ne ha fatto infine oggetto – con il prosciugamento del grande lago (il terzo d’Italia) e la messa a coltura del fertilissimo limo sottostante – di una gigantesca e discussa opera di manomissione, alterandone radicalmente i preesistenti quadri ambientali.
Strano impasto di arcaico latifondismo e moderna logica capitalistica, il Fucino torna poi ad essere epicentro della storia nazionale nel secondo dopoguerra: epico palcoscenico delle grandi lotte contadine che nel 1950 portano alla riforma agraria. La terra che Silone aveva innalzato a simbolo letterario del secolare immobilismo meridionale, si scuote allora in un sussulto di massa – assai più del solito – che la trasforma in uno scenario di protagonismo sociale e di processi economici tra i più ricchi e significativi dell’Italia repubblicana. Da lì partono poi ulteriori mutazioni che, pur tra limiti e contraddizioni, giungono a farne un distretto agroindustriale d’eccellenza su scala globale.
Il libro sarà presentato sabato prossimo, 10 febbraio, alle ore 18, nella sala delle conferenze della sede del Cai di Vasto, in Via delle Cisterne.
A dialogare con Costantino Felice sarà Nicola Racano.